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Questo articolo è stato pubblicato il 07 dicembre 2010 alle ore 06:36.
«Esiste un'alternativa meno costosa e più semplice alle politiche europee per uscire dalla crisi alle quali stiamo assistendo, politiche che potremmo definire di beggar-my-neighbour deflation. L'alternativa consiste nel sciogliere il nodo gordiano sul debito nazionale trasferendone una parte alla Banca centrale europea e all'emissione di eurobond».
Stuart Holland, economista e politico britannico, lo va dicendo dal 1993, quando il progetto europeo di unione economica e monetaria era ancora in fasce e lo ha ora ripetuto in un'intervista a Athens News. Per Holland «il trasferimento alla Banca centrale europea di una tranche del debito sovrano, per la parte che supera il 60% del Prodotto interno lordo di ciascun stato membro, la soglia fissata dal patto di stabilità e crescita ridurrebbe il rischio di default per i paesi più deboli ed esposti; abbasserebbe i tassi di interesse e quindi i costi di rifinanziamento del debito stesso; e in definitiva darebbe un messaggio chiaro ai mercati: i governi europei sono in grado di rispondere in modo proattivo alla crisi in atto, non hanno intenzione di essere vittime passive di agenzie di valutazione del debito che nessuno ha eletto».
Holland - nel 1965 giovanissimo consigliere del laburista Harold Wilson a Downing Street, poi parlamentare, advisor di numerosi leader europei, dal greco Andreas Papandreou, a Romano Prodi a Jacques Delors, e oggi a 70 anni influente accademico - pensa a una sorta di New Deal europeo. «Come per Roosevelt i titoli del Tesoro americano non facevano affidamento sul debito della California o del Delaware, così - spiega Holland - gli eurobond non devono basarsi sul debito degli stati membri quando vengono emessi sul mercato dalla Bce e dalla Banca europea degli investimenti».
Non si spiegano - secondo lo studioso britannico - le richieste della Germania che vuol fare pagare ai paesi in difficoltà gli aiuti che ricevono: «Gli Usa non hanno mai chiesto alla Germania di restituire gli aiuti del piano Marshall, senza i quali non ci sarebbe stato alcun Wirtschaftswunder, nessun miracolo economico tedesco. E al contrario tutti ricordiamo le conseguenze, prima di tutto psicologiche, sulla Germania delle imposizioni, impossibili da sostenere, dettate dal trattato di Versailles nel 1919».