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Calisto Tanzi condannato a 18 anni di reclusione per il crac Parmalat. 14 anni a Tonna

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Questo articolo è stato pubblicato il 09 dicembre 2010 alle ore 17:22.

Per il crac Parmalat da 14 miliardi di euro, il tribunale di Parma ha condannato l'ex patron della società Calisto Tanzi a 18 anni di reclusione. Il pm aveva chiesto per lui 20 anni. Accanto a Tanzi sono stati condannati anche altri 16 dirigenti della società, tra cui l'ex direttore finanziario Fausto Tonna, condannato a 14 anni, dunque nonostante le attenuanti generiche che gli aveva riconosciuto il pm. Dopo varie di camere di consiglio la Corte presieduta da Eleonora Fiengo ha emesso la sentenza di primo grado del maxi processo per bancarotta fraudolenta nei confronti dell'ex patron della multinazionale di Collecchio. La sentenza è arrivata a due anni e otto mesi dall'inizio del processo (14 marzo 2008) e a sette anni dal crack da 14 miliardi di euro che travolse la Parmalat, gettando nel lastrico circa 34mila risparmiatori.

Le richieste della Procura di Parma
La Procura di Parma aveva chiesto per Tanzi una condanna a vent'anni di reclusione per bancarotta e falso in bilancio. Pesanti anche le richieste per Giovanni Tanzi, fratello di Calisto (12 anni e condannato a 10 anni e 6 mesi)); l'ex direttore finanziario Fausto Tonna (9 anni e sei mesi), a cui sono state riconosciute le attenuanti generiche equivalenti per aver collaborato nel corso dell'inchiesta; l'ex direttore marketing Domenico Barili (7 anni e 6 mesi e condannato a 8 anni); Luciano Silingardi, all'epoca componente del cda di Parmalat finanziaria (6 anni, confermati dal tribunale) ; Paolo Sciumè, avvocato e membro del cda (6 anni e condannato a 5 anni e 4 mesi); Camillo Florini, ex manager del settore turistico (6 anni e condannato 5 anni); 4 anni (confermati dalla condanna) per Giuliano Panizzi, del cda di Parmalat spa, per Mario Mutti, per il sindaco del Gruppo Davide Fratta; 3 anni erano stati chiesti per Paolo Compiani, ex ad di Cosal ed Emmegi che è stato invece assolto da tutti i capi di imputazione; 5 anni chiesti per Rosario Lucio Calogero, revisore della Hogson Landau e poi amministratore di società Parmalat, e per Fabio Branchi, commercialista ed ex amministratore di società legate alla famiglia Tanzi, (entrambi condannati a 5 anni e 4 mesi,) e per Giovanni Bonici, ex Parmalat Venezuela ed ex amministratore di Bonlat (condannato invece a 4 anni); 4 anni (confermati dalla condanna) anche per Enrico Barachini, ex consigliere della finanziaria; Alfredo Gaetani, ex presidente di Eurolat (2 anni, è stato assolto da tutti i capi di imputazione); l'avvocato Sergio Erede, ex consigliere d'amministrazione di Parmalat (2 anni) è stato condannato a un anno e 6 mesi. Per Erede, inizialmente imputato per fatti di bancarotta fraudolenta, come tutti gli ex amministratori Parmalat, il Tribunale ha ritenuto sussistente solo il reato più lieve di bancarotta semplice che è punito a titolo di colpa, cioè di semplice negligenza.

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Per Calisto Tanzi, già condannato a Milano, in appello, a 10 anni per l'accusa di aggiotaggio, le vicende giudiziarie non finiscono qui. Sono infatti ancora in corso le inchieste su Parma calcio e quella sui quadri d'autore nascosti prima del crac del 2003 e rinvenuti nell'abitazione dell'imprenditore parmense. Prosegue inoltre il processo per Parmatour.

Il fallimento
Il crac Parmalat, il più grande scandalo di bancarotta fraudolenta e aggiotaggio perpetrato da una società privata in Europa, fu scoperto solo verso la fine del 2003, anche se le difficoltà finanziarie dell'azienda erano emerse già agli inizi degli anni Novanta. Il cuore della rovinosa bancarotta da 14 miliardi di euro, furono le falsificazioni di bilancio che iniziarono nei primi anni Novanta e che permisero alla multinazionale del latte di procrastinare l'emersione del dissesto in una spirale perversa in cui i debiti in scadenza venivano ripagati con altri debiti. La ricostruzione del pm Lucia Russo ha individuato una prima fase, fino al 1998, di falsificazione grossolane e un secondo periodo, dal 1998 al 2003, in cui i falsi venivano prodotti con scientificità.

L'arresto di Tanzi
Il 19 dicembre 2003, Bank of America disconosce l'autenticità di un documento del 6 marzo che attesta l'esistenza di posizioni in titoli e liquidità per quasi 4 miliardi di euro al 31 dicembre 2002 di pertinenza di Bonlat, società delle Isola Cayman del gruppo. Standard & Poor's declassa i titoli Parmalat a default. Già il 22 dicembre saltano fuori i primi indagati a Milano, fra cui lo stesso Tanzi che viene arrestato il 27 dicembre a Milano su ordine della Procura di Parma per associazione per delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta e falso in bilancio. L'accusa era di aver creato un sistema perverso fatto di connivenze con il mondo politico e bancario e a tutto svantaggio dei risparmiatori che avevano investito in questa società non sapendo che per anni aveva accumulato debiti su debiti senza che nessun organo di controllo, in primo luogo Consob e Banca d'Italia, se ne fosse accorto. Il 28 dello stesso mese parte un ordine di custodia cautelare anche della Procura milanese: aggiotaggio e false comunicazioni a revisori. Il Tribunale delibera l'insolvenza.

Le banche indagate
Dal 10 febbraio 2004, nell'ambito dell'inchiesta aperta sul gruppo di Collecchio, sono indagate sette banche a Milano per aggiotaggio: Bank of America, Citigroup,Deutsche Bank, Morgan Stanley, UBS, Popolare Lodi e la Sgr di Intesa, Nextra. Il 17 febbraio 2004 vengono arrestati su ordine dei pm di Parma i figli di Tanzi Stefano e Francesca, il fratello Giovanni, quattro dirigenti della holding che opera nel turismo per distrazioni di 900 milioni.

I processi a Milano e Parma
Il 1 marzo 2005 la Cassazione decide: a Milano la competenza delle indagini per aggiotaggio, ostacolo alla vigilanza, falso in comunicazioni. A Parma l'associazione a delinquere e bancarotta. Il 9 aprile il giudice per le indagini preliminari di Parma concede a Tanzi i domiciliari. Il 26 maggio dello stesso anno la Procura di Milano chiede il rinvio a giudizio per 29 persone fisiche e tre persone giuridiche, tra cui Calisto Tanzi, componenti dell'ex cda, ex sindaci, direttori, contabili, revisori dei conti, funzionari di Bank of America. Richiesta di giudizio anche per Bank of America e le società di revisione Grant Thornton e Deloitte & Touche. Le accuse: aggiotaggio, false comunicazioni dei revisori e ostacolo all'esercizio delle funzioni di vigilanza della Consob. Il 26 settembre segna fine degli arresti domiciliari per Calisto Tanzi, che torna in libertà dopo 275 giorni. Il processo a Milano inizia il 28 settembre: oltre a Calisto Tanzi sono imputate altre 18 persone.

Nel 2008 la prima sentenza
Il 6 ottobre la Procura di Milano chiede 13 anni di reclusione per Calisto Tanzi per il crac dell'azienda emiliana. Il 9 dicembre si conclude con la riconferma delle richieste di condanna, la replica del procuratore aggiunto di Milano Francesco Greco. I giudici della prima sezione del Tribunale di Milano entrano in camera di consiglio il 17 dicembre e il 18 dicembre Calisto Tanzi è riconosciuto colpevole di aggiotaggio, ostacolo all'attività degli organi di vigilanza, concorso in falso con i revisori e condannato a dieci anni di reclusione. Nel capoluogo lombardo resta aperto un processo a carico delle banche estere.

Nel 2010 la conferma della Corte di Appello
Il 26 maggio 2010 la Corte di Appello di Milano conferma la sentenza di primo grado. Tanzi dovrà inoltre risarcire gli oltre 32 mila piccoli risparmiatori con 100 milioni di euro. Lo scorso 4 agosto il capo dello Stato Giorgio Napolitano revoca a Tanzi l'onorificenza come Cavaliere di Gran Croce della Repubblica, la più alta che lo Stato italiano riconosca ai suoi cittadini più meritevoli.

Le origini di Parmalat
L'impresa di Collecchio era stata fondata nel 1962 dal giovane Calisto Tanzi, l'uomo che ha inventato il latte a lunga conservazione e lo ha portato sulle tavole di tutto il mondo. L'imprenditore aveva 22 anni quando prese in mano la piccola azienda del nonno trasformandola in una multinazionale con più di 130 stabilimenti in cinque continenti. Nel 1973 il fatturato era salito a 20 miliardi di lire, diventati 550 nel 1983. Un successo che scatenò l'ambizione di Tanzi e l'interesse dei politici. Tanzi espanse l'attività in vari comparti (yogurt, i succhi di frutta, merendine) con acquisizioni a debito e quindi su basi finanziarie molto fragili. Una strategia resa possibile grazie alle amicizie di importanti politici democristiani (Ciriaco De Mita, Giulio Andreotti) e di grandi banchieri cattolici (Ferdinando Ventriglia del Banco di Napoli, Gianni Zandano del S.Paolo, Piero Barucci del Monte Paschi), che allora dominavano il sistema bancario.

I primi segnali di crisi
Una prima crisi si verificò già nel 1987-88. La difficile situazione finanziaria della Parmalat era nota a tutti, anche ai concorrenti. Infatti è in quegli anni che l'olandese Kraft offrì di rilevare tutto per una cifra tra i 700 e gli 800 miliardi di lire. Non se ne fece nulla. Tanzi andò avanti per la sua strada e proprio allora iniziò la manipolazione dei dati. Per risolvere i problemi si decise di portare Parmalat in Borsa. Il salvataggio fu guidato da un banchiere d'affari vicino all'Opus Dei, Gianmario Roveraro, che accompagnò la società in Borsa, ma Tanzi perseguì sulla sua linea d'espansione dissennata, puntando sul debito e sull'appoggio dei banchieri e degli amici politici.

Tanzi, Cragnotti, Geronzi
Nel frattempo, la Sme (azienda pubblica) decise di privatizzare le sue aziende alimentari, che comprendevano Cirio, Bertolli, ed altri marchi noti. Entrò in scena Sergio Cragnotti (ex Enimont dei tempi di Raoul Gardini), il quale, grazie all'appoggio di banche e gruppi finanziari, acquistò Cirio e la Centrale del latte di Roma, sotto la regia del banchiere Cesare Geronzi, consigliere delegato del Banco di Roma.

Tanzi, per permettere a Sergio Cragnotti di rientrare verso un'esposizione che aveva soprattutto verso Banco di Roma, comprò il polo del latte ad un prezzo altissimo, per oltre 700 miliardi. Sempre sotto la regia di Geronzi, Tanzi acquistò le acque minerali di Giuseppe Ciarrapico, perchè anche lui doveva rientrare dai suoi debiti.

Questo comportamento spinse Tanzi nel cosiddetto «schema Ponzi»: pagare i debiti contraendo altri debiti, ogni volta con interessi crescenti, restando intrappolati in una spirale perversa. Questo è lo schema mortale in cui Parmalat, secondo gli esperti, è rimasta intrappolata. Per i grandi gruppi bancari internazionali Parmalat era attraente perché pagava commissioni mostruose. Quando le banche non gli davano più credito si offrivano emissioni obbligazionarie nei posti più disparati del mondo.Le banche sono accusate di aver collocato bond Parmalat pur sapendo in quali situazioni versava la società.

La nuova Parmalat
Il sipario sulla vecchia Parmalat si è chiuso grazie all'opera del commissario straordinario (e attuale amministratore delegato) Enrico Bondi che mise a punto un piano di rilancio e di rimborso dei creditori del gruppo, che prevedeva la conversione dei crediti in azioni. È il primo passo che porterà, il primo ottobre del 2005, alla costituzione della nuovaParmalat Spa, che riapproda in Borsa il 6 ottobre del 2005. Per rilanciare il gruppo, Bondi ha ceduto molti asset, come i prodotti da forno, le merendine, il Parma calcio (nel 2007 con il benestare del ministero delle attività produttive), ma soprattutto ha avviato una feroce campagna di revocatorie contro le grandi banche italiane per cercare di rimpinguare le casse del gruppo. Oggi Parmalat è una vera e propria public company dall'azionariato diffuso.

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