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Questo articolo è stato pubblicato il 09 dicembre 2010 alle ore 06:36.
FRANCOFORTE. Dal nostro corrispondente
A una settimana da un prossimo delicato vertice europeo, i paesi membri della zona euro continuano a guardarsi in cagnesco. Ieri i mercati finanziari hanno assistito all'ennesimo botta e risposta. Questa volta argomento della diatriba, tra il Lussemburgo e la Germania, è stata l'opportunità o meno di introdurre eurobonds. Intanto il direttore del Fondo monetario internazionale Dominique Strauss-Kahn esprime preoccupazione per la situazione economica che «resta ancora preoccupante»: «E il futuro – ha aggiunto – è più incerto che mai».
In un'intervista a Die Zeit, il premier del Lussemburgo Jean-Claude Juncker ha criticato la reazione tedesca alla proposta, sostenuta anche dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti, di emettere titoli di debito europei: «L'idea è stata respinta prima ancora di essere esaminata», ha detto Juncker che ha rimproverato alla Germania una posizione «antieuropea» e «semplicistica».
Qualche ore dopo, da Berlino, il cancelliere federale Angela Merkel ha risposto in un modo altrettanto piccato, spiegando che l'emissione di eurobonds «non sarebbe per nulla compatibile» con i Trattati. Ha poi precisato che la discussione sul futuro della crisi debitoria nella zona euro deve avvenire in modo «tranquillo, orientato a una soluzione». Secondo Steffen Seibert, portavoce del governo tedesco, «l'introduzione di eurobonds richiederebbe cambiamenti profondi» ai Trattati e «in via di principio una diversa struttura europea che al momento non vediamo». Le due visioni appaiono agli antipodi, mescolano considerazioni economiche e convinzioni politiche.
Il Lussemburgo, come l'Italia, considera l'eurobond uno strumento da aggiungere ai vari debiti nazionali, il tentativo di affermare dinanzi ai mercati l'«irreversibilità dell'euro». La Germania invece è convinta che questa obbligazione potrebbe diventare un modo per i paesi meno virtuosi di evitare il risanamento dei conti pubblici, approfittando della solvibilità tedesca.
Mentre i tedeschi ricordano che il sistema creato dal Trattato di Maastricht prevede bilanci nazionali indipendenti gli uni dagli altri, nella sua intervista ieri a Die Zeit Juncker ha sottolineato che anche con la presenza di eurobonds «la maggioranza del debito europeo rimarrebbe a livello nazionale, con un tasso d'interesse nazionale» (si veda Il Sole 24 Ore di martedì scorso). In Germania domina la paura di creare una Transferunion nella quale i tedeschi si sobbarcherebbero il debito degli altri paesi (la posizione di Peter Bofinger, uno dei "cinque saggi" che ieri sulla Süddeutsche Zeitung ha difeso l'idea di un eurobond, appare minoritaria). Anche la Banca centrale europea è contraria a questa ipotesi, almeno ora, perché teme che creerebbe ulteriore confusione e incertezza in un momento in cui i mercati sono già in tensione.