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Questo articolo è stato pubblicato il 09 dicembre 2010 alle ore 06:44.
Sono due i dati Ocse sui risultati scolastici, gli ormai famosi test Pisa, che più colpiscono, uno a livello internazionale, l'altro italiano. Sullo scenario globale spicca l'entrata in scena, e subito ai primi posti, del campione cinese, Shanghai, a conferma dell'alta qualità raggiunta dai sistemi educativi asiatici.
Lette in parallelo con le classifiche universitarie, lestatistiche premiano gli enormi sforzi che superpotenze come Cina e Giappone o nazioni quali Corea, Singapore e Hong Kong dedicano da anni all'intera filiera dell'istruzione. Si conferma così, se mai fosse necessario, che il nuovo paradigma di una crescita impetuosa in quella parte del mondo è destinato a durare, anzi a rafforzarsi, perché il successo nei test Pisa di oggi garantisce nuove generazioni di studenti ben preparati.
Per l'Italia il dato più eclatante è la straordinaria variabilità di risultati non tra Nord e Sud, o tra regione e regione, e neppure tra città e campagna, come avviene per esempio nel caso dell'India. No, in Italia il tasso abnorme di varianza si misura nell'arco di qualche metro, quello che separa, nella stessa regione, città e scuola, un'aula dall'altra. La conferma arriva anche da un'analisi dei risultati degli esami di licenza media, dove la forte escursione di voti tra una sezione e l'altra non si può attribuire ad alcun fattore sociologico esterno, ma solo alla diversa qualità degli insegnanti.
Questo dato singolare s'inserisce peraltro in un quadro più incoraggiante rispetto ai risultati conseguiti nel 2004 e 2007. Continuiamo a restare al di sotto della media Ocse, il che, in termini di storia, tradizione e Pil non è davvero accettabile. Ma recuperiamo posizioni rispetto al passato e, soprattutto, si accorcia la distanza tra Nord e Sud del paese, uno dei dati più eclatanti delle precedenti rilevazioni.
Il miglioramento si deve a una combinazione di diversi fattori. Il primo è la maggiore apertura che docenti e studenti incominciano ad avere verso forme di valutazione standardizzate.
Solo due anni fa molte scuole, forse per pregiudizio ideologico, forse scoraggiate dal timore di risultati deludenti, rifiutavano i test Invalsi in terza media e in seconda e quinta elementare, che nel frattempo sono stati resi obbligatori. Familiarizzare con queste modalità di valutazione dell'apprendimento non significa rinunciare ad altre, magari di compasso più ampio. Ma anche i grandi clinici misurano la febbre col termometro e queste prove restano le uniche adatte a fotografare su larga scala i livelli di rendimento in competenze basilari come appunto la capacità di lettura, la matematica, le scienze.