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Vendetta su Mastercard

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Questo articolo è stato pubblicato il 09 dicembre 2010 alle ore 06:37.


LONDRA. Dal nostro corrispondente
"ColdBlood", lo aveva annunciato. «I siti web che fanno capo a società pronte a piegarsi alla volontà dei governi saranno colpiti». La promessa alla Bbc del più loquace fra gli hacker allineati dietro la sigla Anonymous è stata rispettata. "SangueFreddo" ha raccontato i dettagli dell'assalto al web che i più abili giocolieri dell'online hanno portato contro siti riconducibili ai "nemici" di Julian Assange. Prima di tutto coloro che hanno sospeso i servizi di pagamento, e quindi il flusso di danaro, a favore di WikiLeaks. Mastercard sta soffrendo più di tutti. L'operazione "PayBack", come gli hackers l'hanno nominata, s'è concentrata sul potente circuito di carte di credito. Secondo la Bbc in molti casi «c'è stata una completa caduta del servizio», secondo la società finanziaria, invece, si tratta solo di «traffico intenso sul sito www.Mastercard.com che resta, comunque accessibile come pure l'uso del circuito per transazioni sicure».
Parole smentite dal tam tam della rete. All'anticipazione di ColdBlood ha fatto seguito la replica di AnonOps che ha annunciato la vittoria dell'offensiva online. «Siamo felici di farvi sapere - ha dichiarato l'hacker - che www.Mastercard.com è bloccato». Paralizzato dalla procedura Ddos che prevede l'invio contemporaneo di un numero infinito di contatti, tale da sommergere il sito. Secondo Paul Mutton della società di sicurezza informatica NetCraft almeno 1.600 persone hanno agito contemporaneamente. In serata è stato attaccato anche il sito di Visa che pure aveva staccato la spina a WikiLeaks.
Altri, probabilmente, si sono attivati per mandare in tilt www.aklgare.se ovvero l'indirizzo internet della procura svedese, quella che indaga sugli episodi di violenza sessuale all'origine dell'accusa che ha portato Julian Assange in carcere. Altri ancora hanno imprigionato www.advbyra.se che fa capo all'avvocato Claes Borgstrom legale delle due donne vittime presunte dello stupro. Mosse che spaventano e inducono a sorprendenti confessioni. Come quella di Osama Bedier, presidente di PayPal che sostiene di aver bloccato il flusso di finanziamenti a WikiLeaks «perché il Dipartimento di stato aveva detto che facevano cose illegali».

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Tags Correlati: Ann Ardin | Bbc | CIA | Claes Borgstrom | Cuba | Daniel Ellsberg | Geoffrey Robertson | Gran Bretagna | Internet | Julian Assange | Mark Stephens | Mastercard | Pro-Assange | Stati Uniti d'America | Svezia

 

WikiLeaks è ormai un macigno che rotola travolgendo tutto quanto incontra. Dalla Libia rimbalzano, così, le accuse di Gheddafi all'America con considerazioni del tipo «l'avevamo sempre detto noi» quello che fanno gli Usa; da Cuba, invece, si dà un nome e una professione alla prima vittima dei presunti abusi di Julian Assange. Si chiamerebbe Anna Ardin e secondo il quotidiano cubano Granma sarebbe una nota spia della Cia.
Minacce e deliri, fantasia e realtà romanzesca si mescolano a prese di posizione più solide. Come quella di Daniel Ellsberg l'uomo che nel 1971 fornì alla stampa americana i Pentagon Papers. «Ogni attacco mosso a Julian Assange - ha detto - è un attacco a me e alla mia decisione di diffondere i documenti del Pentagono».
Sulla sorte del trentanovenne australiano sta per scatenarsi una durissima battaglia legale. Geoffrey Robertson, uno dei più celebri e controversi avvocati di diritti umani, ha interroto le sue vacanze a Melbourne ed è rientrato a Londra per unirsi al collegio di difesa guidato dall'avvocato Mark Stephens. La sensazione crescente è che gli Usa stiano per chiedere l'estradizione di Assange in base al controverso Espionage act del 1917 oppure per traffico in proprietà rubate. Il problema è decidere a chi chiederla. Secondo indiscrezioni dell'Indipendent gli Stati Uniti starebbero esercitando pressioni sulla Svezia per la consegna di Assange (che dovrebbe essere inviato al più presto a Stoccolma). Il dipartimento alla Giustizia, stando al New York Times, starebbe preparando l'incriminazione.
Secondo Karen Todner avvocato di Gary McKinnon un hacker britannico ricercato dagli Usa «a Washington converrebbe battere la strada inglese» molto più agevole, secondo il legale, di quella svedese. Il trattato sulla collaborazione giudiziaria fra Regno Unito e Stati Uniti è al centro di una violenta polemica. Secondo molti osservatori britannici, Londra, sull'onda dell'attentato del'11 settembre accettò intese che rendono facile estradare ricercati in Usa, ma molto difficile fare il contrario. Una commissione sta ora esaminando i termini dell'intesa.
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GUERRIGLIA

L'attacco ai siti
Un invio simultaneo di migliaia di contatti in modo da sommergere il sito: così ieri gli hacker pro-Assange sono riusciti a bloccare il sito di Mastercard, colpevole di aver "tagliato" i finanziamenti a WikiLeaks (cioè la possibilità di effettuare bonifici)
L'operazione, detta "Pay-Back", ha interessato altre società e istituzioni: bloccata la pagina online della procura svedese, che ha chiesto e ottenuto l'arresto di Assange con l'accusa di stupro e molestie sessuali; attaccato infine il sito dello studio legale svedese che difende le due vittime
L'altro ieri era toccato a Pay-Pal, finita nel mirino dei cyber difensori di Assange per lo stesso motivo di Mastercard. Aveva bloccato i pagamenti online a WikiLeaks

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