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Questo articolo è stato pubblicato il 10 dicembre 2010 alle ore 06:36.
L'Europa si spacca sulla proposta degli eurobond. L'idea lanciata dal nostro ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, e dal lussemburghese Jean-Claude Juncker, presidente dell'eurogruppo, non piace nemmeno alla Francia che si è allineata, alla vigilia del 13° consiglio dei ministri franco-tedesco che si terrà oggi a Friburgo, alla volontà del cancelliere tedesco Angela Merkel. «Questa proposta - ha spiegato un portavoce del presidente Nicolas Sarkozy - non è del tutto nuova e accresce le difficoltà specialmente in termini di condivisione dei costi e dei profitti. Non è necessario discutere nuove proposte».
Come se non bastasse Parigi condivide anche la linea di Berlino sull'entità attuale del fondo salva-stati, cioè non serve nessun incremento da aggiungere agli attuali 750 miliardi di euro (440 del fondo, 60 da parte della Ue e 250 miliardi dell'Fmi), opponendosi così alla posizione belga che, come presidente di turno, invece, chiedeva il raddoppio del fondo così come sostenuto anche dalla Bce di Jean-Claude Trichet e dall'Fmi di Dominique Strauss-Kahn, possibile candidato all'Eliseo.
Dopo l'incontro di Deauville, Parigi si è accordata (quasi allineata) con Berlino per la creazione dal 2013 di un meccanismo permanente di soccorso ai paesi in difficoltà con l'introduzione di clausole che coinvolgano anche i privati in cambio, forse, di un nuovo Patto di stabilità "senza" sanzioni automatiche che avrebbero potuto colpire proprio la Francia.
Oltre a Germania (ieri il segretario generale della Csu Alexander Dobrindt sulla Bild ha addirittura chiesto a Juncker «di scusarsi per le critiche rivolte alla Merkel») e Francia, anche l'Olanda, attraverso le parole del ministro delle Finanze, Jan Kees de Jager, ha reso noto la sua opposizione agli eurobond «perché fiaccherebbe la disciplina fiscale». Una posizione condivisa dal ministro finlandese Jyrik Katainen e da quello austriaco Josef Proell.
Dall'altra parte della barricata, oltre all'Italia e Lussemburgo, c'è il ministro spagnolo, Elena Salgado, che ritiene gli eurobond «una possibilità anche se non di immediata realizzazione», quello greco, George Papacostantinou che «invita a discutere a fondo la proposta», e il Portogallo. Una divisione tra periferici e centrali, europeisti alla Delors e europeisti a la carte? Una spaccatura profonda, rivelatrice del tipo di Unione che si vuole costruire. E che oltre a dividere i paesi europei si è insinuata anche all'interno degli stessi paesi, come sta accadendo alla Germania dove i socialdemocratici, a sorpresa, sostengono la proposta Tremonti-Juncker.