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Sciopero sventato, tutti in campo a consumare il rito del pallone (anche se nulla è stato chiarito)

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Questo articolo è stato pubblicato il 10 dicembre 2010 alle ore 18:39.

Nella società dei consumi l'imperativo è rottamare, sostituire più che si può e non già acquisire, perché le nuove speranze o illusioni vadano prontamente a riempire i vuoti lasciati dalle speranze già rottamate. Per questo la strada dal negozio al cassonetto deve essere breve e il trasferimento agevole.
Così uno dei più noti pensatori al mondo, Zygmunt Bauman, descrive il nostro tempo in una della sue ultime fatiche "L'etica in un mondo di consumatori" (Laterza). È il tempo della fretta, della banalizzazione della bellezza, della libertà da qualsiasi responsabilità.

Se i lettori perdoneranno la citazione e gli amici di Napoli scuseranno il maleodorante riferimento ai rifiuti, meglio mi pare non si potrebbe descrivere il pianeta calcio, uno dei ghetti d'oro di questa nostra società.

Con un grande sospiro di sollievo, addetti ai lavori e popolo adorante hanno salutato l'accordo che ci consentirà di celebrare il rito o meglio il triduo del pallone da sabato sino alla domenica sera. Una conclusione insieme scontata e banale. Nulla è stato davvero chiarito forse perché nulla si doveva chiarire e anche l'articolo della discordia, il trattamento dei fuori rosa, è stato ibernato secondo la più classica delle procedure in atto nel Belpaese. Decidere di non decidere non è forse decidere? Ciascuno ha vinto la propria battaglia e al diavolo le questioni di principio che ora viaggiano veloci verso il cassonetto in attesa che se ne accumulino altre.

Eppure, per quei pochi che ancora hanno voglia di stupirsi c'è da rimanere trasecolati di fronte alla banalità del linguaggio, all'autoreferenza, alla montagna d'ipocrisia che viene eretta in ogni circostanza. E al silenzio, raggelante, dinnanzi allo scempio, quello sì vero, della dignità delle persone.

La vicenda del giocatore del Lecce Diamoutene, ben ricordata e con rilievo da molti quotidiani (qui non è il caso di tirare in ballo la stampa omissiva) è stata accolta dal mondo del pallone o con dichiarazioni di circostanza, di una banalità sconcertante, o con un indifferenza che lascia sbalorditi.

Il giocatore di colore dei salentini, lo scriviamo a beneficio di chi non lo sapesse, è stato aggredito durante gli allenamenti da un gruppo di sciagurati che gli rimproverano di aver giocato un paio di partite nel Bari. Intollerabile reato per chi è alla ricerca disperata di un proprio neurone nel cervello.

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Tags Correlati: Davide Ballardini | De Canio | Diamoutene | Genoa | Inter | Juventus | Lecce (squadra) | Milan | Napoli (squadra) | S.S. Lazio | Sport | Zygmunt Bauman

 

Ma il peggio, se possibile, è venuto dopo. Come se non bastasse, al danno (razzismo è, poco importa se per il colore della pelle del giocatore o delle magliette societarie) si è aggiunta la beffa. Mister De Canio, in occasione della partita seguente, nemmeno la panchina gli ha concesso. Scelta tecnica, se ne resti a casa.

È lo stesso, squallido copione di simili circostanze. Episodio isolato, condanna del gruppetto di fanatici, celebrazione della città coinvolta (ci associamo, come non restare ammirati da una delle perle del barocco?) e si ricomincia. Resta sui giornali lo sconcerto di Diamoutene (si legga la bella intervista a Repubblica del 7 dicembre scorso) che, ingenuo, si rammarica: «Anche in panchina potevo essere utile, e poi si poteva dare una bella risposta a qualche imbecille, due domeniche fa ho fatto il capitano».

Diamoutene ora non sa che fare perché dice di non essere più felice.
Per un attimo, solo per un attimo, ho pensato alla sua felicità di fronte a un gesto collettivo dei colleghi. Ho sognato un atto di ribellione collettiva: basta con le provocazioni, basta con gli insulti, si sciopera perché non vogliamo più sentire ululati razzisti, siamo stufi di essere aggrediti dentro e fuori gli stadi, essere presi a cazzotti per via della pelle o della maglietta che indossiamo.

Ma nulla di tutto questo accade e accadrà, né ora né mai. I colleghi di Diamoutene si tengono ben strette le cuffiette attorno alle orecchie, così come non si vogliono udire le celebrazioni in coro dei morti all'Heysel sulle tribune di Firenze, seguito infame di altre infamie perpetrate sugli spalti di Torino la settima precedente.

Non accade mai nulla per i nostri eroi, nulla che valga la pena di un gesto davvero significativo al di là delle giaculatorie di generica condanna, una montagna di rifiuti ipocrita pronta a prendere la via del più vicino cassonetto.

D'altro canto, che il linguaggio dell'ipocrisia domini la conventicola del calcio è del tutto evidente a chi segua per passione o per dovere le infinite tribune televisive, i pre e post partita, luogo di tristi processioni di maturi allenatori e aitanti giovanotti, entrambi con il volto arroventato dal sudore e dai fumi delle docce, che si diffondono in una sequela di affermazioni «importanti» in cui d'importante non c'è nulla. Mai un atto sincero, anche il più innocente, per non turbare il clima della squadra. L'altra sera ci è capitato di osservare uno dei tanti atleti, per il quale pure nutriamo un'istintiva simpatia per come si comporta in campo e fuori. Cambiasso, una delle colonne dell'Inter, costretto a presentarsi dinnanzi ai microfoni e a complicate evoluzioni verbali per non dire che la sua squadra aveva giocato da schifo, che aveva toccato il fondo. Macché, l'unica preoccupazione era portare subito al cassonetto la mortificante giocata contro il Werder con un mucchio di frasi fatte, con il silenzio e gli scongiuri per il Mundialito. Quoque tu, Esteban?

Pensare, essere sinceri, essere se stessi, non avere timore delle proprie opinioni, sapersi confrontare, è pericoloso. Peggio, impossibile. Il pianeta calcio si è così ridotto a rappresentare l'altra versione del Grande Fratello, ma davvero si fa fatica a scegliere tra la suprema volgarità esibita del primo e l'oscena e supina rassegnazione del secondo.

N.B. Scusate, torneremo a parlare di calcio dopo l'ennesimo turno prossimo che sulla carta sorride di nuovo al Milan di Allegri e mette una contro l'altra (Juve e Lazio) due delle antagoniste dei rossoneri. La terza, il Napoli, è attesa all'esame del Genoa in netta ripresa dopo l'avvento di Davide Ballardini.
Buon campionato a tutti.

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