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In Cina stretta sulle riserve

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Questo articolo è stato pubblicato il 11 dicembre 2010 alle ore 08:06.


SHANGHAI. Dal nostro corrispondente
Inflazione, surriscaldamento e bolla immobiliare spaventano sempre di più la Cina. Che passa al contrattacco chiudendo ancora una volta i rubinetti del credito.
Ieri la People's Bank of China ha alzato nuovamente di mezzo punto la riserva obbligatoria per le banche (è la sesta volta dall'inizio dell'anno, e la terza nel giro di un mese): a partire dal 20 dicembre, i principali istituti di credito del Dragone dovranno tenere congelato il 18,5% dei loro depositi presso la banca centrale. Con questo nuovo provvedimento restrittivo la Pboc frantuma un altro record: si tratta, infatti, del livello più alto raggiunto dalla riserva obbligatoria nella breve storia della banca centrale cinese.
Oggi come tre settimane fa, quando Pechino varò l'ultimo aumento della riserva obbligatoria, la mossa delle autorità monetarie cinesi rischia di essere l'antipasto di una stretta creditizia ben più consistente. Per preparare i mercati al peggio (dopo la grande crisi del 2008, il mondo intero ha iniziato a essere reattivo anche alle decisioni di politica economica cinese, una volta ignorate dalla finanza internazionale), giusto qualche giorno fa, Pechino ha annunciato che l'anno prossimo la sua politica monetaria muterà da «moderatamente espansiva» a «prudente».
È un modo elegante e indiretto per dire che oltre la Grande Muraglia circolerà meno liquidità e il credito diventerà meno facile rispetto agli ultimi due anni. Due anni durante i quali, per contrastare gli effetti della crisi globale, le autorità monetarie hanno aperto a più non posso i rubinetti delle banche per stimolare consumi e investimenti.
Ma ora la risacca della colossale ondata di quattrini che si è abbattuta sul paese rischia di avere effetti destabilizzanti sull'intero sistema economico. A ottobre, a causa della violenta impennata dei prezzi dei generi alimentari, il tasso d'inflazione ha registrato un aumento del 4,4%, il più alto degli ultimi due anni. E a novembre, scommettono gli analisti, potrebbe essere andata peggio. Il dato sarà reso noto oggi e, secondo le stime, nonostante il marcato rallentamento della corsa dei prezzi del cibo, il mese scorso il tasso d'inflazione ha sicuramente superato quello di ottobre. Qualcuno azzarda perfino l'ipotesi che possa aver superato la soglia del 5 per cento.

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Tags Correlati: Inflazione | Lu Zhengwei | Pboc | Pechino |

 

In questo quadro, la banca centrale non ha altra scelta se non quella di stringere i cordoni della borsa. L'aumento della riserva obbligatoria è lo strumento più morbido e indolore per tentare di ridurre la circolazione del credito senza strangolare l'economia reale. Per questo motivo, la Pboc lo sta adottando a raffica e senza timori. E continuerà a farlo: secondo gli esperti, nei mesi a venire è probabile che la Pboc apporti molti altri ritocchi. «Nel 2011 la riserva obbligatoria potrebbe salire anche al 23%» avverte Lu Zhengwei, economista di Industrial Bank of China.
Ma potrebbe non bastare. In questo caso, di fronte a una recrudescenza dell'inflazione, Pechino potrebbe vedersi costretta a metter mano al costo del denaro come ha fatto a ottobre quando, per la prima volta dopo quasi tre anni, ha alzato di mezzo punto i tassi d'interesse. Viste le attuali condizioni di salute dell'economia (a novembre le esportazioni del made in China hanno registrato un incremento del 35%, mentre l'import è cresciuto del 37% grazie soprattutto alla robusta domanda di materie prime del settore immobiliare), non sarebbe un intervento poi tanto rischioso.
Tutto dipenderà dal nemico pubblico numero uno dei banchieri centrali: l'inflazione. Se nelle prossime settimane la corsa dei prezzi diventerà meno impetuosa, la Pboc potrebbe continuare a usare (ma con frequenza) il guanto di velluto. Il che significa muoversi su tre fronti. Uno: drenando liquidità dal mercato in tutti i modi possibili, cioè tramite altri rialzi della riserva obbligatoria, sterilizzazioni monetarie e provvedimenti amministrativi. Due: fissando, e rispettando, dei rigidi obiettivi di espansione della massa monetaria per il 2011. Tre: favorendo l'apprezzamento dello yuan per ridurre i prezzi dei beni d'importazione.
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