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Questo articolo è stato pubblicato il 13 dicembre 2010 alle ore 14:02.
VALDITARA(FLI). Signora Presidente, signor Presidente del Consiglio, il governatore Draghi ha sottolineato che l'Italia continua a crescere meno dei principali Paesi europei. È previsto, infatti, per il 2010 un +1 per cento contro una media europea dell'1,7 per cento e un +3,6 per cento della Germania. Incidono negativamente la scarsa competitività e l'alto debito pubblico. Il nostro Paese è composto principalmente da piccole e medie imprese che non sono strutturalmente in grado di investire in ricerca. Avrebbero dunque necessità di appoggiarsi a un sistema di ricerca pubblico di avanguardia. Più in generale, se nel 1970 il 50 per cento dei nuovi prodotti veniva sviluppato direttamente nelle imprese, oggi, nel mondo, il 70 per cento è creato nelle università.
La Germania, che pure ha un sistema di grandi imprese teoricamente autosufficienti, investe ulteriori 10 miliardi di euro in cinque anni nel finanziamento all'università e alla ricerca. I tedeschi hanno fatto tagli pesanti alla spesa pubblica, ma hanno destinato nuove risorse all'innovazione. Così ha fatto la Gran Bretagna, e così sta facendo persino la Grecia. Non parliamo poi degli USA. In Italia noi, e ancora in questa manovra economica, siamo andati in senso contrario. Grazie a Futuro e Libertà e alla minaccia di non votare la legge di riforma dell'università, siamo riusciti a ridurre tagli che avrebbero chiuso il nostro sistema di ricerca e di istruzione superiore; ma per il 2011 rimangono tagli per 265 milioni di euro, e altri 500 milioni sono previsti per il 2012, tagli che si vanno ad aggiungere a quelli fatti lo scorso anno del valore di 300 milioni.
È singolare che ciò avvenga proprio quando si fa una riforma importante come quella dell'università, su cui Futuro e Libertà ha garantito un apporto di idee leale e positivo, rendendo decoroso un disegno di legge che, nella bozza originaria, prevedeva, per esempio, addirittura la presenza maggioritaria nei consigli d'amministrazione di rappresentanti dei sindacati e di portaborse degli amministratori locali, che rischiava cioè di trasformare le università in nuove ASL. È ancora più singolare la scarsa attenzione al tema degli investimenti in ricerca, se si pensa che, proprio nell'allegato III alla manovra del luglio 2009, il Governo ha riconosciuto che il numero di professori e ricercatori in Italia è inferiore alla media OCSE. Le mediocri posizioni nei rating internazionali delle nostre università sono dovute in primo luogo all'inadeguato rapporto tra docenti e studenti.