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Documento / 13 - L'intervento dell'onorevole Enrico Letta (Partito democratico)

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Questo articolo è stato pubblicato il 13 dicembre 2010 alle ore 18:01.

Signor Presidente, onorevoli colleghi, la crisi infinita del Governo arriva finalmente nel suo luogo naturale: il Parlamento. È qui che oggi è rappresentata la sovranità popolare. È la nostra Costituzione che assegna a tutti noi che siamo qui - che domani voteremo - l'onore, e soprattutto la responsabilità, di decidere le forme con le quali il nostro Paese dovrà essere guidato al termine di questa crisi.

Qui c'è la prima differenza tra la nostra mozione di sfiducia e il suo discorso di stamane, signor Presidente del Consiglio, che richiama una Costituzione che non c'è, in cui il Parlamento e il Presidente della Repubblica sono ridotti al ruolo di passacarte di fronte al leader e al rapporto diretto con il suo popolo.

Siccome l'attuale Governo trascina il Paese da otto mesi nell'inconcludenza e nella rissa politica quotidiana, è anche nostra responsabilità dire, qui in Parlamento, basta, e concorrere, insieme a tutti coloro per i quali la parola responsabilità ha un valore, a far uscire l'Italia da questo marasma.

Sfiducia quindi, perché questo Governo è partito con la maggiore forza politica che nessun Governo ha mai avuto in Italia, e si ritrova oggi a mendicare con mezzi che non fanno onore alle nostre istituzioni una fiducia minima per promettere di realizzare, con un voto di margine, quello che - come ha detto stamane al Senato il senatore Marcello Pera - non ha fatto con cento voti in più.

L'ha fatto stamane, signor Presidente del Consiglio, con parole che suonano come una provocazione: cosa vuol dire, detto da lei, moderazione? Soprattutto, cosa c'entra lei con la moderazione? È moderazione attaccare, magari all'estero, di fronte alla comunità internazionale, la Corte costituzionale come luogo dell'eversione?

È moderazione che il vertice del suo partito dica: «ce ne freghiamo del Presidente della Repubblica» (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)? È moderazione questa deriva finale verso la personalizzazione e il populismo, che sono tutt'uno con il suo modo di concepire la politica? Pag. 4

No, lei e la moderazione siete come il sole e la luna e non è un caso che, dopo aver collaborato con lei, tanti moderati veri abbiano deciso oggi di presentare e votare una mozione di sfiducia. Per noi votare la sfiducia è naturale. Per altri oggi lo è un po' di meno e comprendiamo i timori che stanno dietro alle scelte di questi mesi.

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Tags Correlati: Corte Costituzionale | Enrico Letta | Europa | Italia | Marcello Pera | Partiti politici | Pd | Presidente del Consiglio | Senato | Umberto Bossi

 

Ma per noi è naturale e siamo fieri, in questi 16 anni, di essere stati sempre dalla parte giusta, di aver sempre interpretato una politica che - ovviamente rispettando lei, i suoi elettori e i rappresentanti dei suoi Governi - ha però costantemente interpretato l'alternativa rispetto ai suoi modelli e ai suoi comportamenti.

Ma il fatto nuovo è che non siamo più soli oggi in questo Parlamento. Due anni fa le hanno espresso la sfiducia i moderati dell'Unione di Centro; oggi le esprimono la sfiducia anche i moderati di Futuro e Libertà. È il suo tempo, il tempo del centrodestra berlusconiano, che finisce qui, ma il Paese, per fortuna, non finisce qui, ecco perché dalla crisi dovrà uscire una soluzione nell'interesse dell'Italia.

La prendiamo sul serio sulla sfida del concetto di sfiducia costruttiva, intanto per dimostrare le solite contraddizioni: lei ci critica sul tema della sfiducia costruttiva e dell'incertezza che, a suo dire, porterebbe la nostra vittoria domani. Ma lei stesso stamani ha detto: datemi una fiducia qualsiasi, che poi cambiamo tutto, cambiamo maggioranza, cambiamo programma e cambiamo squadra di Governo.

Verrebbe da dire che è una vera e propria fiducia distruttiva quella che lei chiede al Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Sappiamo tutti che il Capo di questo Governo, il senatore Umberto Bossi, ha già detto che, con una fiducia di un voto, si va alle urne.

Noi, invece, diciamo al Parlamento che la nostra sfiducia non porta né ad elezioni, né ad un Governo tecnico, ma ad un Governo di responsabilità nazionale, un Governo di tutti coloro che in questo Parlamento vogliono bene all'Italia prima che a se stessi, un Governo di respiro europeo che aiuti l'Europa, un Governo per riforme che ci facciano uscire dalla crescita zero alla quale siamo inchiodati.

Senza crescita non c'è prospettiva e su questo tema dovrà concentrarsi il Governo che nascerà, accanto all'essenziale Pag. 5tenuta dei conti pubblici e della coesione sociale. Nel 1993, di fronte ad una crisi meno dura di quella di oggi, il Paese si affidò a Carlo Azeglio Ciampi che tirò fuori l'Italia dalla crisi.

Oggi il debito pubblico è tornato ai livelli di allora - mi faccia dire, rispetto alla replica che ha fatto oggi al Senato, che purtroppo le sue repliche sono sempre più gustose di quando legge i suoi interventi scritti - e nemmeno nella prima Repubblica il ritmo di crescita in due anni del debito pubblico è stato pari a quello della crescita in questo biennio: 16 punti di crescita in due anni.

Lasci perdere, signor Presidente del Consiglio, l'eredità: quella che lascerà a chi verrà dopo di lei sarà la più pesante di tutte le eredità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Dicevo che oggi il debito pubblico è tornato ai livelli di allora. Oggi questo Parlamento deve dare la fiducia ad una personalità autorevole e rispettata come fu Ciampi allora.
Ognuno dei parlamentari - concludo, signor Presidente - del Partito Democratico che sfilerà davanti alla Presidenza domani dirà il suo «sì» convinto alla mozione di sfiducia. Quel «sì» alla sfiducia ciascuno di noi lo pronuncerà, pensando nella sua testa alla frase con cui termina una bella canzone che si chiama «Venderò»: «ogni cosa ha il suo prezzo, ma nessuno saprà quanto costa la mia libertà», la libertà di chi domani le voterà convintamente la sfiducia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

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