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Documento / 19 - L'intervento dell'onorevole Rocco Buttiglione (Udc)

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Questo articolo è stato pubblicato il 13 dicembre 2010 alle ore 19:05.

Signor Presidente, onorevoli colleghi, qualche anno fa, quando facevo un altro mestiere, mi è capitato di tenere un corso all'università su di un libro di Spengler, noto anche in Italia, dal titolo Il tramonto dell'Occidente.

È un libro in cui Spengler negli anni Venti tratteggiava la fine dell'Occidente, la morte dell'Europa, l'emergere di nuove civilizzazioni, l'invasione della Cina verso l'Europa. Non pensavo di vivere nella mia vita le situazioni descritte in quel libro. Devo dire, invece, che negli ultimi anni le stiamo vivendo: non in forma di confronto militare ma certo in forma di straordinaria emergenza - sì, devo ammettere, che il libro di Spengler è un po' razzista - come emergenza di nuovi grandi poteri economici che occupano spazi che una volta erano nostri, in forma di decadenza di grandi potenze economiche di ieri compresa l'Italia.

Oggi questi fenomeni si verificano nel mondo, oggi c'è una crisi mondiale la quale altera drammaticamente i rapporti di forza, di potere, ma anche la possibilità di acquisire risorse, anche i livelli di benessere delle diverse popolazioni del mondo. È una crisi che colpisce con violenza l'Europa, una crisi nella quale l'Europa può emergere più forte, più consapevole, con un passo avanti verso unità sempre più perfetta o può emergere invece con la fine, la distruzione del sogno europeo.

Mentre nel mondo accadono tutte queste vicende, di cosa si occupa la politica italiana? Riconosciamolo: abbiamo dato al mondo uno spettacolo miserevole. Lo spettacolo miserevole di una classe politica avvitata sui propri interni problemi di potere, chiusa alle grandi prospettive internazionali e chiusa anche a vedere la disperazione, la miseria, la preoccupazione di centinaia, di milioni di italiani. Abbiamo 162 tavoli di crisi aperti in Italia: 162 aziende nelle quali non si sa se i posti di lavoro rimarranno o se verranno cancellati (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

Abbiamo 600 mila equivalenti disoccupati. Sapete che cos'è un «equivalente disoccupato»? Sono un milione e duecentomila persone che lavorano metà del tempo e che sanno che prima o poi metà di loro verrà licenziata. Come abbiamo reagito, signor Ministro Tremonti? Abbiamo reagito prolungando gli ammortizzatori sociali. Bene, abbiamo bisogno di nuovi posti di lavoro, abbiamo bisogno di nuovi posti di lavoro ad alto contenuto tecnologico, non esposti alla competizione di questi Paesi emergenti. Abbiamo bisogno di una politica Pag. 35economica che non metta «pannicelli caldi» sulle ferite ma indichi come si esca dalla crisi. Non l'abbiamo avuta nonostante la maestria dal punto di vista tecnico della gestione del debito pubblico, di cui volentieri le do atto.

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Abbiamo avuto un Governo che, mentre in Europa si parla di tali questioni, tace, contento soltanto del fatto che non si parli del suo debito pubblico con un'eccezione: qui di nuovo do volentieri atto al Ministro Tremonti la giusta, opportuna e tempestiva iniziativa della proposta Juncker a cui immediatamente lei, signor Ministro, si è adeguato. Il primo segnale vero, forte di una presenza italiana nelle questioni europee.

Dentro questo dramma la politica italiana si occupa di altro. Abbiamo dato uno spettacolo miserevole, aggravato da una stampa di parte che ha puntato alla crisi del parlamentarismo. Leggete i giornali attorno a noi, soprattutto certi giornali che non voglio nominare per non sporcarmi la lingua, nei quali voi ritrovate tutti gli elementi della polemica antidemocratica e antiparlamentare che prima della prima guerra mondiale hanno preparato l'Italia al trionfo del fascismo. Inoltre, dato che dovrebbe preoccupare tutti in quest'Aula, quando alcuni deputati danno anche soltanto l'impressione di mettere all'asta il proprio voto dal punto di vista morale, non parlo dell'aspetto giuridico, è un attentato contro la dignità del Parlamento, è un attentato contro la libertà del popolo italiano (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori).

Siamo qui, signor Presidente, a chiedere le sue dimissioni non per astio personale, non farò - me ne scuso con qualche settore dell'opposizione - un'arringa personale, non rientra nelle mie corde, non ci crederei. Dico che è fallito un progetto politico, è fallita la famosa «svolta del predellino». Nel 2008 lei avanzò un progetto politico di grandi dimensioni, un progetto politico che doveva dare al Paese la stabilità, un Governo forte capace di affrontare i nodi strutturali che bloccano lo sviluppo dell'Italia, un Paese che cresce ogni anno un punto meno dei Paesi europei paragonabili.

Era un grande progetto e questo progetto chiedeva la soppressione del centro politico, la morte dell'UdC, la formazione di un grande partito e il passaggio dal bipolarismo al bipartitismo.
Diciamoci la verità: quel progetto è fallito. Quel progetto è fallito. È un'evidenza che è fallita la svolta del «predellino» Pag. 36e che è fallito anche il Popolo della Libertà. Tra l'altro: perché mai chiamarlo «Popolo della Libertà » e non «partito»? Fa forse schifo la parola «partito»? Guardate che tutti i movimenti autoritari cominciano con il denunciare i partiti, dimenticando la fondamentale funzione democratica che è propria dei partiti (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro). Vi sono tanti partiti senza democrazia; nella storia non vi è mai stata una democrazia senza partiti.

Ma a parte questo, gettare tutte le contraddizioni del Paese in due grandi contenitori, pensando che lì vengano poi amalgamate ed emergano due progetti politici: non funziona così. Perlomeno, l'Italia non funziona così. Non ha funzionato. Dietro ad ogni Governo vi è una formula politica. La formula politica del Popolo della Libertà è una formula politica esaurita e come la formula politica è esaurita, così è esaurito anche il Governo e così è esaurito il programma.

Non ci dica, signor Presidente, che siete legati al programma del 2008. In questi due anni sono successe più cose che nei venti anni precedenti: tanta gente che nel 2008 era felice e guardava con sicurezza al futuro oggi è disperata, perché è cambiato il mondo. C'è bisogno di un nuovo programma, c'è bisogno di una nuova formula politica e c'è bisogno di un nuovo Governo. Per questo noi chiediamo le dimissioni di questo Governo, non per animosità personale, ma per ragioni chiaramente e limpidamente politiche.

Mi avvio rapidamente alla conclusione. Perché è fallito il partito o Popolo della Libertà? Probabilmente per ragioni di democrazia interna. Qualcuno ha chiesto di fare una corrente, gli è stato risposto «no» ed è stato costretto ad uscire e a fare un altro partito. È un problema di non scarsa rilevanza, ma non tocca a me svilupparlo. Ultima osservazione: stiamo vivendo come in un sogno, un benessere che si prolunga dopo che si sono esaurite le basi di quel benessere.

Spero che il risveglio non sia troppo duro, che non ci capiti come a quel personaggio di Eliot, di scoprire improvvisamente di trovarsi tra le onde del mare, di cadere giù e di affogare (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro - Congratulazioni).

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