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Documento / 3 - L'intervento del senatore Nicola Latorre (Partito democratico)

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Questo articolo è stato pubblicato il 13 dicembre 2010 alle ore 13:47.

LATORRE(PD). Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, fa un certo effetto, e la dice lunga sul degrado cui è giunto il dibattito pubblico nel nostro Paese, osservare come il confronto politico di questi giorni, sempre più lontano dai problemi veri del Paese, ruoti attorno ad un pallottoliere e ci si chieda dove domani si fermerà questo andirivieni di palline, se ce ne sarà una di più di qua o una di più di là, come se questo potesse cambiare una realtà tanto evidente, e non da oggi. Lo stesso scontro interno al partito di maggioranza, la scissione di Futuro e Libertà, sono soltanto l'ultimo atto di una crisi che ha radici profonde, una crisi politica non ordinaria e che, dunque, non può essere né discussa e men che meno risolta in un ordinario e sempre più insopportabile gioco fra furbi.

Caro Presidente, non si tratta di aprire una crisi al buio, semmai di accendere una luce nel buio di una crisi che c'è già ed è profonda. (Applausi dal Gruppo PD). Siamo all'epilogo di un'intera stagione politica segnata da un'idea di governo del Paese che si è incarnata nella sua persona: l'idea che per curare i mali italiani occorresse meno politica, meno Stato, dunque, meno democrazia e più decisione. Quella idea di modernizzazione dell'Italia, al tempo stesso così leggera nella concezione del ruolo e della struttura dei partiti, del funzionamento delle istituzioni, del Parlamento, delle rappresentanze sociali e così pesante nell'uso di una forza economica e mediatica, che proprio in questa ultima fase ha dato le sue prove più cruente: dalle campagne denigratorie contro ogni avversario, non solo politico, fino al grido di «traditori» contro alleati poi dissidenti, per non parlare delle deprimenti notizie di questi giorni sulle campagne acquisti. Ecco, questa ipotesi di rinnovamento e di modernizzazione del Paese che potremmo riassumere in una concezione populista autoritaria e semplicistica della politica si è rivelata dannosa, oltre che inadeguata ad affrontare le sfide nuove con cui si sta misurando oggi il nostro Paese.

Signor Presidente, ricordiamo tutti come dinnanzi alla crisi della prima Repubblica si decretò il fallimento di un intero sistema politico, colpevole di aver lasciato l'Italia con un debito al 120 per cento del PIL, con una gigantesca questione meridionale irrisolta, con tasse ed evasione alte e con uno Stato sociale inefficiente.

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Oggi, dopo 20 anni, dopo 16 anni dal primo Governo che lei ha presieduto, dopo che negli ultimi nove anni, per sette anni, il centrodestra ha governato con maggioranze che in altri tempi avremmo definito bulgare, il bilancio non ha bisogno di commenti: il debito pubblico è al 120 per cento del PIL, c'è una gigantesca questione meridionale irrisolta, sono alte le tasse, è alta l'evasione e lo Stato sociale è inefficiente.

E mentre si annunciano tempi difficili, si allarga paurosamente la forbice tra chi più ha e chi più non ha in questo Paese. Sono impressionanti gli ultimi dati sulla cassa integrazione e sulla perdita di reddito dei lavoratori italiani. Ai tanti che hanno un lavoro precario si stanno aggiungendo i molti che il lavoro lo stanno perdendo e quanti di quei padri, che sino a poco tempo fa sono stati descritti come privilegiati perché sindacalizzati, perché coperti dallo Stato sociale, oggi perdono il lavoro ritrovandosi troppo giovani per la pensione e troppo vecchi per un nuovo lavoro. E di fronte a questo il Governo si preoccupa di dividere il mondo del lavoro, con il risultato che oggi siamo tutti più deboli nel difendere i lavoratori da chi immagina nuove relazioni industriali fuori da ogni regola contrattuale. Ecco, così si spegne la speranza di un Paese. In fondo, cosa chiede oggi il Paese alla politica? Chiede una nuova speranza. Ecco perché noi insistiamo, e lo facciamo anche oggi, affinché si prenda atto non solo che non c'è più una maggioranza, ma che è finita un'intera esperienza politica, che un grande Paese democratico non può essere governato come un'azienda. Guardi, i rifiuti di Napoli sono lì, come un'ideale bacheca su cui tutti possiamo ammirare i trofei dell'efficientismo aziendalista applicato alla politica. (Applausi dal Gruppo PD. Commenti dal Gruppo PdL).

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia, lasciate parlare il senatore Latorre.

LATORRE (PD). Intendiamoci, la battaglia contro il Governo in carica in fondo è già stata vinta, quale che sia l'esito del voto di fiducia. È stata vinta a tavolino per abbandono del campo da parte dell'avversario, che ha abbandonato da tempo il campo della politica. E di questo abbandono è figlio il degradante spettacolo di questi giorni. Di qui la necessità di una svolta. Che il Parlamento prenda atto della crisi e torni a discutere di come si cambia il copione. Non si tratta solo di cambiare il nome e il cognome dell'uomo della provvidenza, e men che meno di assistere ad un Berlusconi-bis, anche perché, in tutta sincerità, non vedo platee acclamanti che chiedono il bis(Applausi dal Gruppo PD); semmai osservo che aumentano le file al botteghino di chi vuole il rimborso del biglietto.

Gli interventi che svolgeremo nel corso di questa discussione indicheranno le linee su cui noi riteniamo debba fondarsi questo copione per quella svolta politica e culturale di cui ha bisogno l'Italia. Questo abbiamo voluto dire noi sabato, con la grande manifestazione del nostro partito. Presidente, meno di tre anni fa, nella discussione sulla fiducia al Governo Prodi, (lei non c'era in quest'Aula, ma c'erano molti che oggi sono qui) l'onorevole Mastella chiuse il suo intervento con una poesia, commovente e a dire il vero un po' macabra, oltre che di incerta attribuzione. Chiudendo il mio intervento e annunciando il voto di sfiducia del Partito Democratico, io non le parlerò, come il Neruda apocrifo di Mastella, di chi lentamente muore, ma di chi finalmente si risveglia, dell'Italia che vuole cambiare, che vuole rialzarsi, che vuole riprendere quel cammino verso il futuro che questa stagione ha così bruscamente interrotto. (Applausi dai Gruppi PD e IdV. Congratulazioni).

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