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Da giovedì 200mila leggi finiranno al macero ma senza proroga rischia di essere un pasticcio

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Questo articolo è stato pubblicato il 13 dicembre 2010 alle ore 06:37.

Giovedì scompariranno definitivamente dalla legislazione circa 200mila atti, tra norme di rango primario (leggi) e secondario (regolamenti). Un appuntamento che parte da lontano, dal 2005, quando venne impostata l'operazione taglia-leggi. E al quale, nonostante il tempo trascorso, si arriva con un po' di fiatone. Perché gli ultimi decreti che hanno definito il complicato puzzle dovrebbero essere licenziati dal consiglio dei ministri oggi e spediti in tutta fretta alla Gazzetta Ufficiale perché possano entrare in vigore prima di giovedì.

In particolare, si tratta del provvedimento che manda al macero oltre 35mila leggi, dell'altro che cancella più di 133mila regolamenti e di un ultimo che salva altre 33 norme, aggiungendole alle più di 2mila indicate come indispensabili da un decreto dell'anno scorso.

Alla fine, tra leggi e regolamenti resteranno in campo circa 35mila atti, solo un terzo dei quali sono disposizioni di rango primario. Un risultato rilevante, perché nessuno aveva mai contato le norme che regolano la nostra vita. E ancora più significativo se si guardano i numeri da cui l'operazione di sfoltimento è partita. La banca dati della Cassazione su cui si è lavorato conteneva, infatti, 447mila atti, di cui 200mila andranno in pensione giovedì e altri 210mila – che non si possono esplicitamente abrogare perché provvedimenti non normativi – sono stati comunque riconosciuti come defunti.

Il problema, tuttavia, non era solo il numero, impresa già di per sé complicata. Si trattava soprattutto di capire quanti e quali di quegli atti che negli anni hanno trovato ospitalità nella Gazzetta Ufficiale erano ancora in vita. Molte vecchie norme, infatti, sono state sorpassate dalle nuove, senza però che queste ultime le abbiano esplicitamente abrogate. Allo stesso tempo ci sono leggi che rimontano a prima della Repubblica e che non sono affatto arrugginite. Insomma, un certosino lavoro di ricognizione.

Attività che ha richiesto un lustro. A partire da quando la legge 246/2005 decise di optare per il meccanismo della ghigliottina: si sarebbero dovute individuare le norme anteriori al 1° gennaio 1970 da conservare. Le altre sarebbero state automaticamente abrogate. Procedura che, però, non valeva per determinate disposizioni cardine, come quelle costituzionali, tributarie e previdenziali. Fatti salvi i settori esclusi, la ghigliottina non avrebbe, però, fatto sconti e il 16 dicembre 2009 avrebbe ridato un po' di certezza al vivere quotidiano.

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Tags Correlati: Consiglio dei Ministri | Consiglio di Stato | Corte di Cassazione |

 

Come voleva il cronoprogramma, a dicembre 2007 è arrivata puntuale la ricognizione delle norme statali in vigore. Sulle prime si era pensato di estendere il monitoraggio anche alle disposizioni locali, ma poi ci si è dovuti ricredere. Compito troppo impegnativo per portarlo a termine nei due anni previsti dalle legge 246. E così ci si è limitati a contare oltre 21mila atti statali di rango primario ancora sulla breccia o almeno non abrogati esplicitamente. Ottomila di quelle disposizioni risultavano anteriori al 1970 e, pertanto, potenzialmente soggette al taglio. A quel punto si trattava di raffinare l'analisi per arrivare a un elenco delle norme da conservare: le altre avrebbero automaticamente cessato di esistere il 16 dicembre 2009.

Invece, sull'originaria operazione taglia-leggi se ne è innestata un'altra, compiuta nel 2008 a colpi di decreti legge e realizzata secondo la filosofia che le cancellazioni dovessero essere esplicite. In questo modo sono stati mandati al macero circa 32mila atti: 3mila da subito e gli altri con scadenza sempre il 16 dicembre 2009. Atti pescati nel calderone delle leggi che non comparivano nell'elenco stilato dopo la ricognizione effettuata l'anno prima. Nel 2009, però, le carte sono state ulteriormente rimescolate. Si è spostata la ghigliottina al 16 dicembre 2010 e si è messo nero su bianco che l'operazione di taglio, oltre a individuare le disposizioni indispensabili, dovesse procedere anche per abrogazioni esplicite.

Non sono mancati i ripensamenti. Nel 2008 sono state, per esempio, eliminate le norme di recepimento dei trattati internazionali, fatte rivivere l'anno successivo. Ancora: in uno degli ultimi decreti di taglio sono stati inseriti i regi decreti sulla denominazione dei comuni, salvo poi ripescarli dopo l'alt del Consiglio di Stato.
Un continuo togliere e mettere su cui giovedì il colpo secco della ghigliottina scriverà la parola fine. Almeno per ora.
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