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Ex Martinitt: poveri orfani diventati celebri imprenditori

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Questo articolo è stato pubblicato il 13 dicembre 2010 alle ore 20:25.

Quella dei Martinitt o piccoli Martini è una storia antica che si è sviluppata di pari passo con quella di Milano, quella città generosa e solidale che nel 1532 realizzò una struttura per offrire ricovero, assistenza, istruzione ed educazioni ai minori poveri e abbandonati. Il nome deriva dalla parrocchia di San Martino che offrì la prima sede (tra via Manzoni e via Morone) ai ragazzi raccolti per le strade da SanGerolamo Emiliani. Per le bambine bisogna, invece, aspettare il 1753, anno di fondazione dell'Orfanotrofio femminile Stelline, dal nome della parrocchia de «La Stella»

Il fondatore Gerolamo Emiliani
Figlio di un senatore della Serenissima, Gerolamo Emiliani, miracolosamente liberato dalla Madonna dalla prigionia in guerra, una volta rientrato a Venezia devolve le sue ricchezze ai poveri e decide, in seguito, di occuparsi degli orfani raccogliendoli in una casa sulla laguna.
Francesco Sforza, venuto a conoscenza del suo operato, nel 1528 lo invita a Milano offrendogli una dimora dove poter accogliere gli orfani della città. Milano era allora travagliata da guerre, assedi, stragi, pestilenze e fame. La città era contesa da svizzeri francesi e spagnoli; era l'epoca che nei testi di storia va sotto la denominazione «delle preponderanze straniere».

La sede definitiva all'Ortica
Dal 1776, all'epoca di Napoleone che trasforma la sede di via Gessate in ospedale militare, Maria Teresa d'Austria predispone una nuova sede per gli orfani, nell'area del convento di San Pietro in Gessate: qui i ragazzi sono ospitati fino al compimento del diciottesimo anno di età e possono apprendere, secondo la propria inclinazione, un mestiere che, terminata la scuola, praticheranno a bottega. Al momento di andarsene vengono loro consegnati i guadagni accumulati ed un cambio di vestiti. Dopo qualche altro spostamento si arriva infine al 1932 e alla presenza di Benito Mussolini, viene inaugurata la nuova sede dei Martinitt, in via Pitteri 56, nel popolare quartiere milanese dell'Ortica, reso celebre da Giorgio Gaber, dove è rimasto fino ad oggi.

Il fidejiussore
Ogni orfano per essere ammesso ai Martinitt doveva avere un fidejussore, cioè un garante che si obbligava a ricevere l'orfano all'atto delle dimissioni, quando aveva raggiunto l'età prescritta, cioè 18 anni. La promessa avveniva sotto l'obbligo dei propri beni. Tutto veniva controfirmato da testimoni. Il fidejussore non necessariamente era un parente, poteva essere anche un estraneo, un cittadino privato, un parroco della contrada dove il ragazzo abitava. L'Istituto, in tal modo, cercava di salvaguardarsi nel caso in cui succedesse qualcosa e, nello stesso tempo, si preoccupava di dare un tetto al diciottenne una volta uscito.

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Tags Correlati: Agordo | Benito Mussolini | Francesco Sforza | Gessate | Giorgio Gaber | John Boyd Dunlop | Luxottica | Maria Teresa d'Austria | Michele Ferrero | Rizzoli.Edoardo Bianchi | Silvio Berlusconi | Società dell'informazione

 

Un mestiere per ogni orfano
Dai Martinitt l'orfano usciva con un mestiere e con quello che si era guadagnato. I ragazzi infatti, alternavano nella giornata ore di studio teorico e ore di laboratorio e per il lavoro fatto guadagnavano qualche lira. Dal gruzzolo erano detratte le spese come risarcimento di danni che erano stati fatti nei laboratori. La disciplina era ferrea,si veniva mandati nel «camarino» (una sorta di cella) per le più lievi mancanze. C'era un sacro rispetto per il cibo: si veniva puniti perché si buttavano palline di pane o si sprecavano carote tagliandole di nascosto di notte in giardino. Non si poteva essere trasgressivi: guai a farsi trovare con un mozzicone di sigaretta o con un libro immorale; naturalmente era scontato il rispetto per i coetanei ( non ci si può insultare) e per i superiori, guai a sbattere la porta dell'aula. Si può essere puniti anche con il divieto di uscire durante le festività Natalizie.

I Martinitt celebri, Angelo Rizzoli
Grazie al mestiere di tipografo imparato nel collegio dei Martinitt, Angelo Rizzoli, (1889-1970), figlio un ciabattino analfabeta che morì prima che lui nascesse, a vent'anni inizio la sua carriera di imprenditore nel campo dell'editoria. Diventò imprenditore, editore e produttore cinematografico italiano, fondatore della Rizzoli Editore, capostipite della famiglia Rizzoli.

Edoardo Bianchi e la mitica bicicletta
Al piccolo Edoardo Bianchi, nato a Milano il 17 luglio 1865 e accolto a sette anni al Martinitt, furino insegnati i rudimenti della meccanica e lui divenne un grandissimo artigiano. Nel 1885 aprì una piccola officina meccanica nel centro storico di Milano dove inizio la sua attività di riparatore e costruttore di biciclette. Il successo arrivò quando la regina Margherita moglie di Re Umberto in vacanza a Monza, gli chiese una bicicletta per imparare e Bianchi costruì uno splendido esemplare celeste, con lo stemma in oro dei Savoia e le maniglie d'avorio che tutti volevano. Bianchi rinnovò profondamente la concezione e la realizzazione dei velocipedi: ridusse il diametro della ruota anteriore, adottando la catena di trasmissione del movimento, inventata da poco tempo in Francia, e abbassò l'altezza dei pedali, creando così la prima bicicletta moderna. Nel 1888 creò il primo mezzo circolante con ruote pneumatiche, applicando alla bicicletta l'invenzione che John Boyd Dunlop aveva realizzato pochi mesi prima. Il successo del prodotto lo portò ad investire nello sport, partecipando dall'ultimo decennio del XIX secolo alle principali gare ciclistiche europee.

Leonardo Del Vecchio, il secondo uomo più ricco d'Italia
Più recente ma altrettanto sfolgorante è stata la carriera imprenditoriale di Leonardo Del Vecchio (1935), fondatore e presidente di Luxottica, la più grande azienda di occhiali di lusso e da sole del mondo con sede principale ad Agordo in provincia di Belluno. Secondo la rivista Forbes, è il secondo uomo più ricco d'Italia, dopo Michele Ferrero e davanti a Silvio Berlusconi, con un patrimonio netto di 10,5 miliardi di dollari (Forbes, 2010) e 59º nella classifica mondiale della rivista americana. Originario di Barletta, milanese di adozione trascorse i suoi primi anni nel collegio dei Martinitt. Diventa poi apprendista in una fabbrica di stampi per ricambi automobilistici e montature per occhiali, in qualità di incisore. Nel 1958 ad Agordo in provincia di Belluno si mette in proprio, aprendo una bottega in cui si occupava sempre di occhiali.

Marco Dabbene, dinastia di argentieri
Dabbene è il nome di una rinomato argentiere milanese e anche in questo caso c'è la mano di un orfano educato nel collegio dei Martinitt, Marco Dabbene. Nato nel 1909, aveva imparato l'arte del cesello presso le scuole della Società Umanitaria ed esercitò la professione presso terzi finche non riuscì a mettersi in proprio e a rilevare nel 1948 un'argenteria in Largo Treves, all'angolo con via Montebello, alla quale diede il proprio nome.

Il museo
L'eredità lunga cinque secoli di questa eccezionale istituzione milanese è stata raccolta nel Museo Martinitt e Stelline, inaugurato nel gennaio 2009: una struttura di quattro piani e dieci sale, ubicata in corso Magenta, che custodisce archivi storici relativi a un periodo compreso tra il 1800 e il 1960 e oltre ventimila volumi, completamente multimediale e interattiva.

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