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Un voto che decide le sorti del governo e anche della legislatura

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Questo articolo è stato pubblicato il 14 dicembre 2010 alle ore 07:41.

Chi ha seguito la lunga giornata parlamentare e il dibattito al Senato e alla Camera ne avrà tratto motivi di sconforto sul futuro della legislatura. L'opposizione preferisce vedere solo l'agonia del governo e denunciare l'impossibilità per il presidente del Consiglio di andare avanti con un voto o due di maggioranza. È legittimo, ma non è tutta la verità.

Prova ne sia che la discussione di ieri è stata ricca di tensione e di emotività, a tratti quasi drammatica, eppure in nessun momento è riuscita a indicare il profilo di un governo alternativo a quello, pur sfilacciato, guidato da Berlusconi. Ne deriva che la giornata di oggi fotograferà, sì, con il voto questa fragilità, forse dimostrerà che la maggioranza, almeno a Montecitorio, si è dissolta. Ma ci sono ragionevoli possibilità che la morte del governo, se davvero avverrà, segni non tanto la fine politica di Berlusconi, quanto la crisi irreversibile di una legislatura ormai esaurita.

Allo stato delle cose resta molto difficile fare previsioni. L'impressione è che Berlusconi sia in grado nonostante tutto di ottenere la fiducia, sia pure con un margine minimo. Dopodiché resta il problema di quale uso vorrà fare del voto. Il presidente del Consiglio, nella cornice del suo discorso dai toni distesi, quasi privo di asprezze polemiche, non è stato convincente quando ha riproposto la vecchia tesi del «patto di legislatura fra i moderati». Questa mezza apertura a Casini e ai finiani dubbiosi è apparsa una mossa di maniera. Voleva dare l'idea di una riconciliazione, di una ricomposizione possibile del centrodestra in vista di una scommessa politica sull'immediato futuro. Ma la realtà è assai meno rosea.

Umberto Bossi è stato più sincero quando ha espresso il suo scetticismo sulla possibilità di governare con un voto di scarto. E pur senza mettere un veto a Casini, ha fatto capire che, se il margine sarà davvero risicato, l'eventuale negoziato con l'Udc non sarà proponibile. L'interesse della Lega è evidente: sostenere un Berlusconi debole, aiutarlo a ottenere la fiducia formale della Camera, dire di «no» a qualsiasi ipotesi di cambiare il presidente del Consiglio in questa legislatura (Tremonti, Letta). E prepararsi a riscuotere il dividendo elettorale quando sarà chiaro, fra poche settimane, che la legislatura è defunta. Se il disegno avrà successo, Bossi sarà in grado, dopo il voto anticipato, di condizionare non solo Berlusconi, ma l'intero nuovo parlamento.

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Tags Correlati: Berlusconi | Camera dei deputati | Gianfranco Fini | Governo | Montecitorio | PDL | Senato | Udc | Umberto Bossi |

 

Nell'immediato i fili del gioco sono ancora in mano al presidente del Consiglio. Se oggi avrà quel fatidico voto in più, il colpo inferto al rivale Fini sarà molto pesante. Eppure, nel loro duello mortale, i due presidenti co-fondatori rischiano entrambi di soccombere a medio termine. Sarebbe un epilogo singolare ma non imprevedibile della lunga e un po' assurda contesa che ha spaccato il Pdl. Di certo «Futuro e Libertà» vive ore molto intense. Il voto parlamentare non decide solo le sorti del governo e forse della legislatura: stabilisce anche se il progetto finiano di un'«altra destra», competitiva e anzi vittoriosa sul berlusconismo al tramonto, ha un avvenire.

Se il premier resterà a Palazzo Chigi, pilotando di lì i prossimi passaggi politici e forse le elezioni anticipate, le cose si metteranno male per il neo-partito del presidente della Camera. Il quale non a caso ha tentato fino all'ultimo di spingere Berlusconi alle dimissioni. Ma già ieri i giochi erano fatti. E stamane resta solo da contare i voti.

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