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Questo articolo è stato pubblicato il 14 dicembre 2010 alle ore 14:09.
Berlusconi vince di misura alla Camera, ma vince (guarda la nostra diretta): 314 i no alla caduta della maggioranza contro i 311 messi insieme da Pd, Idv e terzo polo. E, alla fine, il governo si salva per merito di un gruppetto di deputati che lo hanno tirato fuori dalle secche della sfiducia. Così il premier deve sicuramente dire grazie alle due deputate finiane Maria Grazia Siliquini e Catia Polidori, che lasciano Fini proprio davanti alla porta prima di calciare la palla decisiva. E dicono no alla sfiducia. La prima annuncia un attimo dopo di tornare nel Pdl, l'altra si rifugia da Silvio Berlusconi dopo aver sollevato con il suo voto una bolgia in aula.
Berlusconi con l'iPad e altri onorevoli più o meno tecnologici (di Chiara Beghelli)
Laureata e attivissima, chi è Catia Polidori che lascia Fini in zona Cesarini e non sfiducia il governo (di Celestina Dominelli)
Perché il 15 dicembre conterà per tutti noi più del 14 dicembre (di Gianni Riotta)
Un'Italia che si gioca il futuro a poker. Vi spiego perché la partita non finirà dopo il B-day (di Guido Gentili)
A fornire poi un aiuto al governo ci pensano anche i tre del neonato movimento di responsabilità nazionale: i due ex Api Bruno Cesario e Massimo Calearo ,e Domenico Scilipoti, uscito dall'Idv con un grande clamore. Alla fine i tre sfilano sotto il banco della presidenza e votano contro la sfiducia. Lo fa Cesario che, per la verità, aveva già annunciato da giorni il suo sì a Berlusconi, ma lo fanno anche gli altri due. Che, alla seconda chiama, assicurano un grande assist all'esecutivo. E poi si infilano in una stanza dove li aspetta Berlusconi per la giusta ricompensa.
Ma forse il grazie più grande il Cavaliere dovrà dirlo a Silvano Moffa, il mite presidente della commissione Lavoro della Camera. Che ha di fatto aperto le prime crepe dentro Fli e ha cercato l'accordo tra i due cofondatori del Pdl fino all'ultimo minuto. Così non ha risposto alla prima chiama e ha subordinato il suo sì alla sfiducia alle dimissioni del generalissimo di Fini, Italo Bocchino. Nessuno gli ha dato garanzie e lui ha scelto disertando anche la seconda chiama. E consegnando, insieme agli altri 5, la vittoria a Berlusconi.