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Questo articolo è stato pubblicato il 15 dicembre 2010 alle ore 07:48.
L'ultima modifica è del 15 dicembre 2010 alle ore 07:40.
«All'80% si va a elezioni, al 20% Casini entra in maggioranza e il governo dura almeno un anno, se non fino a scadenza naturale». Secondo Vittorio Feltri, direttore editoriale de Il Giornale, l'esecutivo Berlusconi dopo la fiducia di ieri cammina su un sentiero stretto. Stretto ma che - aggiunge subito - «potrebbe allargarsi».
Per quali ragioni?
Perché un terzo polo non esiste. Casini lo sa, è consapevole che Fini non è più il "Dio-patria-famiglia" che predicava e non aggregherà voto moderato. Meglio stare alla larga. Ma c'è dell'altro.
Ovvero?
I democristiani non sanno stare lontani a lungo dal potere. E la chiesa non può stare a guardare: se mette una buona parola...
Le percentuali potrebbero ribaltarsi?
Esatto.
E la Lega? Serve un sì anche da Bossi.
Che arriverebbe se Casini fosse disposto a trattare sul federalismo, unica ragione sociale di Bossi.
Crede sia possibile?
Credo di sì. Non penso, come dice qualcuno, che Casini voglia davvero fare il nuovo Prodi. Che ne abbia forza e voglia.
Torniamo alla prima opzione: il voto.
Resta la più probabile, quella che personalmente mi auguro. La scissione di Fli non è stata una passeggiata, ha cambiato la scena politica. Se Casini dice no, Berlusconi non può pensare di andare avanti con tre voti di scarto. Non c'è una disciplina così militare nel Pdl.
Si dice: Berlusconi piuttosto che dimettersi si farà affondare in aula.
Non credo che lo farà. Ieri ha soddisfatto l'orgoglio. In una situazione come questa, è preferibile anche per lui dare agli elettori la possibilità di scegliere, di decidere così chi ha sbagliato e chi no.
Le urne per regolare i conti. Ma c'è la crisi. Possiamo permetterci il voto?
Non possiamo consentirci di vivacchiare. Non è con una formula algebrica che calcoli transfughi e partorienti a ogni voto che si può reggere un paese. Molto meglio tornare a votare. A meno che...
A meno che?
Un certo Casini non decida...