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Guzzanti vota la sfiducia. Siliquini e Polidori girano le spalle a Fli: ecco chi potrebbe decidere l'esito della partita

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Questo articolo è stato pubblicato il 14 dicembre 2010 alle ore 12:53.

È una partita (segui la diretta) il cui esito è ancora incertissimo. Man mano che passano i minuti, però, alcuni nodi di sciolgono. Il primo riguarda uno degli incertissimi: Paolo Guzzanti che alla fine ha votato sì alla sfiducia. Ma a pareggiare i conti ci pensa la finiana Catia Polidori che, contro ogni previsione, non vota la sfiducia al Governo. Mentre le tre deputate in dolce attesa date per incerte ci sono: eccole arrivare alla spicciolata in aula. Prima Federica Mogherini (Pd), poi a ruota anche Giulia Cosenza e l'agguerritissima avvocatessa Giulia Bongiorno, che entra in aula su una sedia a rotelle. Il fronte pro-sfiducia tira dunque un sospiro di sollievo in vista di una conta che si gioca sui piccoli numeri.

Così anche le dichiarazioni di voto di alcuni deputati diventano il fatto della giornata. Lo è, per esempio, l'annuncio che spiazza tutti di Paolo Guzzanti, ex Pdl ed ex amico del Cavaliere che aveva fino alla fine lasciato aperta la porta alla maggioranza. Ora, però, sembra averla chiusa di colpo. «Apprezzo - dice in aula - le aperture del premier sulla legge elettorale, ma non posso che prendere atto dell'impossibilità di votare la fiducia al Governo». Parole inequivocabili che precedono di poco il suo no al governo quando sfila sotto il banco della presidenza. Chi invece sembra propendere per il sostegno al governo è Maria Grazia Siliquini, finiana di ferro ma che abbandona la barca futurista nel momento più delicato. E, in mezzo ai boati dell'aula, formula con tono accorato forse l'annuncio più difficile della sua vita. «Mi assumo la mia responsabilità e per questo non posso votare la sfiducia al governo». A sbaragliare ogni pronostico arriva però Catia Polidori, biondissima finiana che lascia Fini in zona Cesarini e vota no alla sfiducia. L'aula si trasforma in una bolgia e lei si rifugia nella sala riservata al governo.

Insomma, i due fronti sembrano quasi appaiati. Anche perché sull'esito finale pesa ancora la riserva di Domenico Scilipoti, ex Idv, che in aula vola alto. «Il movimento di responsabilità nazionale, vuole consegnare alla storia una scelta dolorosa e traumatica, ma giusta, rivoluzionaria e significativa». A conti fatti, l'unico che ancora deve fare «la scelta giusta» è lui perché i suoi compagni di viaggio Cesario e Calearo (che non risponde alla prima), hanno già fatto intendere quale sarà il loro voto: il primo pro-fiducia, il secondo ha spiegato che voterà sì al governo se il suo consenso, alla seconda chiama, sarà fondamentale per la sopravvivenza dell'esecutivo. Intanto, però, anche Scilipoti attende la seconda chiama per decidere. Chi giunge tardivamente in aula è Silvano Moffa, la supercolomba di Fli, colui che fino alla fine ha cercato di riavvicinare Berlusconi e Fini. Dicono che abbia seguito la prima chiama, a cui non risponde, dal suo studio a Montecitorio. Lui alla fine si materializza e annuncia che voterà la sfiducia ma vuole la testa di Italo Bocchino. Chissà se Fini avrà il coraggio di concedergliela. Pur di provare a vincere la partita.

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