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Kosovo, incognita brogli sulla vittoria di Thaci

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Questo articolo è stato pubblicato il 14 dicembre 2010 alle ore 06:37.


PRISTINA
Il Partito democratico del Kosovo (Pdk) del premier uscente Hashim Thaci ha vinto le elezioni in Kosovo, le prime dopo l'indipendenza, con il 33,5% dei voti, secondo i dati preliminari diffusi ieri in serata a Pristina dalla commissione elettorale. Thaci già domenica sera aveva proclamato la vittoria sulla base degli exit poll, che gli accreditavano il 35% dei consensi. Il suo più temibile concorrente, la Lega democratica del Kosovo (Ldk), sino a pochi mesi fa alleata del Pd, si ferma al 23,6%, ma ha contestato la vittoria di Thaci accusandolo di brogli e ha minacciato di non riconoscere la validità della tornata elettorale. Nella nottata tra domenica e lunedì a Pristina ci sono anche stati scontri tra le opposte fazioni.
I casi più sospetti hanno avuto luogo nella circoscrizione dove domina incontrastato il clan del premier uscente. Lì a fronte di una partecipazione media al voto del 47,5%, risulta aver votato il 90% degli aventi diritto.
I risultati diffusi ieri si riferiscono allo scrutinio di quasi il 99% delle schede, l'esito definitivo sarà diffuso dopo l'esame dei ricorsi che stanno affluendo sulle irregolarità: l'esame avverrà entro 72 ore.
Al terzo posto con il 12,2%, la nuova formazione Autodeterminazione del giovane ultranazionalista Albin Kurti, che al primo punto del suo programma elettorale ha la creazione della Grande Albania. Un'ipotesi che fa tremare le vene ai polsi alla comunità internazionale. Alle sue spalle l'Alleanza per il Kosovo (10,8%) dell'ex primo ministro Ramush Haradinaj, attualmente sotto processo al Tribunale internazionale dell'Aja per i crimini di guerra nella ex Jugoslavia. In Parlamento entra, con il 7,1% dei voti, anche il partito del discusso magnate Bexet Pacolli.
Aria tesa anche tra le formazioni politiche dei serbo kosovari. La minoranza (che in base alla Costituzione avrà diritto a 10 seggi su 120 in Parlamento) nel nord del Kosovo ha seguito l'invito di Belgrado e non è andata a votare. Quelli al sud del fiume Ibar invece lo hanno fatto, ma ora i due principali partiti si accusano vicendevolmente di brogli.
La partecipazione al voto dei serbi ha irritato non poco Belgrado anche se il sottosegretario al Kosovo Oliver Ivanovic ha minimizzato affermando che «solo 15mila serbi su 140mila aventi diritto si sono recati alle urne».

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Tags Correlati: Albin Kurti | Autodeterminazione | Bexet Pacolli | Catherine Ashton | Governo | Grande Albania | Hashim Thaci | Lamberto Zannier | Ldk | Oliver Ivanovic | Onu | Pd | Pdk | Ramush Haradinaj | Uck | Yugoslavia

 

Non sarà facile per Thaci, se i risultati saranno confermati, formare una maggioranza. L'Ldk ha già escluso un'alleanza. Non è ipotizzabile una coalizione con il partito ultranazionalista di Albin Kurti, né con quello dell'ex premier Haradinaj che è divenuto un acerrimo nemico politico di Thaci nonché concorrente nel campo dei non limpidissimi affari dei clan cui fanno riferimento i due ex capi dei guerriglieri dell'Uck.
«La cosa più urgente ora è la formazione di un nuovo governo» ha commentato in una nota il capo della diplomazia europea, Catherine Ashton. Evidente il riferimento all'avvio dei colloqui tra Pristina a Belgrado sul futuro del Kosovo, che dovrebbero essere avviati all'inizio del 2011 sotto la supervisione dell'Unione europea, degli Usa e delle Nazioni Unite, rappresentate dall'ambasciatore italiano Lamberto Zannier.
Non meno difficile per Thaci, una volta riuscito a formare il nuovo esecutivo, realizzare il programma indicato in campagna elettorale. Le promesse andavano dal raddoppio degli stipendi di insegnanti e poliziotti alla privatizzazione degli asset statali. Dalla lotta a corruzione e criminalità organizzata, cresciute esponenzialmente nel corso del suo precedente mandato, al rilancio (meglio sarebbe dire "lancio") dell'economia di un'area geografica che già ai tempi della vecchia Jugoslavia era la più povera e sovvenzionata della Federazione. Sino ad arrivare alla promessa di ottenere dalla Ue la liberalizzazione dei visti entro i prossimi 8 mesi: come dire, missione impossibile.
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