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Si ricompone per un giorno il fronte dei neoantagonisti. Roma a ferro e fuoco

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Questo articolo è stato pubblicato il 15 dicembre 2010 alle ore 07:42.

La galassia dei movimenti, per un giorno, si è ricomposta. Anarco-insurrezionalisti, antagonisti, "no logo", autonomi. Provenienti da tutta Italia, soprattutto quella centrale, hanno trovato un'occasione ghiotta e irripetibile: dimostrare la loro forza e la loro immagine in una città blindata dove il parlamento decideva il destino del governo Berlusconi.
Un appuntamento da non perdere. Il rischio di scontri e violenze, alla vigilia, si sapeva elevato, anche se non sono stati lanciati allarmi.

Ma, nonostante gli scontri e le violenze che hanno fatto il giro del mondo, il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, ha espresso «apprezzamento per l'equilibrio e l'oculata gestione dimostrata in tutte le fasi della manifestazione». Il Viminale, insomma, promuove il lavoro svolto dalle autorità romane di pubblica sicurezza, il prefetto Giuseppe Pecoraro e il questore Francesco Tagliente.

Lo scalpore suscitato dai danneggiamenti non viene contestato ma in realtà in molti al Viminale ora tirano un sospiro di sollievo: che ci potesse scappare qualche incidente molto più grave – qualcuno diceva «anche il morto» – era previsione che tutti facevano e nessuno diceva. La valutazione comune di tutte le fonti di pubblica sicurezza consultate dal Sole 24 Ore è stata: i palazzi istituzionali non sono stati violati, specie il giorno della sfiducia al governo.

La scelta della «zona rossa» decisa da Tagliente, insomma, nonostante le polemiche è risultata vincente. Il questore, poi, ha declinato una linea di politica di gestione dell'ordine pubblico che, dopo i fatti devastanti del G8 di Genova, il capo della Polizia, Antonio Manganelli, ha stabilito in modo univoco: pieno diritto di manifestare, tutela scrupolosa di chi partecipa ai cortei, no a qualunque ricorso alla violenza se non in caso di assoluta necessità.
Le cariche della Celere anni 70 non ci sono più e non ci possono essere, con le nuove regole. Il rovescio della medaglia sono i molti poliziotti, carabinieri o finanzieri che, se non scatta l'ok a rispondere agli attacchi, devono subire lanci di pietre o altri oggetti. Rischiano con facilità di essere feriti, come minimo. Ma la linea di gestione dell'ordine pubblico comunque rimane quella.

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Tags Correlati: Antonio Manganelli | Camera dei deputati | Fiom | Francesco Tagliente | G8 di Genova | Giuseppe Pecoraro | Italia | Ministero dell'Interno | Roberto Maroni |

 

Resta il fatto che ieri la miriade dei movimenti eversivi si è concentrata inarrestabile a Roma, forte dell'esperienza di protesta studentesca di alcune settimane fa contro il decreto Gelmini. L'elenco degli arrestati o denunciati vede soprattutto giovani provenienti dalle città di Pisa, Bologna, Napoli, capoluoghi della Toscana e Torino. Secondo alcune valutazioni dell'intelligence, i violenti più violenti sono stati gli autonomi, i giovani del centro sociale "Esc" di Roma e quelli di Padova. Ci sono anche molti frequentatori abituali degli stadi.
Sul piano tattico, chi voleva aggredire e distruggere ha valutato uno schema classico: piccoli gruppi con grande velocità di movimento, difficili da controllare da parte delle forze dell'ordine.

Una volta impedito l'accesso ai luoghi-simbolo della politica, per i rivoltosi era inevitabile trovare un altro sito dove celebrare e dare senso finale e molto visibile alla riunione romana. Piazza del Popolo è stata una meta facile. Va poi aggiunto che la violenza presunta, già valutata dal sistema di prevenzione di pubblica sicurezza, ha raggiunto livelli esacerbati quando è arrivata la notizia che anarco-insurrezionalisti e antagonisti non volevano sentire: il governo non era caduto alla Camera e rimaneva in carica. Il possibile festeggiamento si è così trasformato in rabbia senza limiti.

Nella notte assemblee e riunioni dei movimenti potranno offrire un segnale ulteriore sul destino programmatico della protesta. Ma è difficile prevedere un consolidamento stabile delle posizioni e una strategia di tensione davvero minacciosa per la pubblica sicurezza. I timori ci sono, certo. Nei cortei c'erano anche gruppi della Fiom, ma è anche vero che proprio loro e molte altre parti dei manifestanti hanno protestato e contrastato le violenze degli altri.

È probabile che da oggi si torni a una quotidianità dove i rigurgiti di violenza sono disorganizzati e occasionali, anche se di intensità a volte minacciosa. E resta il «clima pesante»: preoccupazione numero uno del ministro dell'Interno, delle forze dell'ordine e dell'intelligence. Perché è dal clima che può scaturire l'imprevedibile. Un po' come è successo ieri, almeno in termini di violenza sfrenata e senza confini.

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