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Se la terza via chiama Obama

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Questo articolo è stato pubblicato il 15 dicembre 2010 alle ore 06:38.


NEW YORK. Dal nostro corrispondente
La "Terza Via" strizza l'occhio a Barack Obama. Toccherà al presidente ora decidere se raccogliere l'invito per ora informale e andare fino in fondo, rompendo definitivamente con la sua base elettorale già molto delusa da lui e formalizzare la sua partecipazione a quel movimento politico guidato da Bill Clinton che negli anni Novanta spostò a destra il baricentro politico del partito democratico.
L'ammicamento è avvenuto lunedì sera alle Nazioni Unite, a New York. Sia Bill Clinton che Tony Blair, intervenuti insieme in un convegno nella Delegate Dining Room al Palazzo di Vetro per lanciare le nuove generazioni internazionali della Terza Via, il movimento centrista in seno alla sinistra, hanno esteso un invito indiretto al presidente americano perché diventi lui stesso un iscritto formale di questo movimento che dominò la politica degli anni 90.
Il passaggio potrebbe essere soltanto formale, visto che Obama ha già compiuto una profonda virata a destra subito dopo la batosta elettorale dello scorso novembre. Ma le formalità hanno la loro importanza. Anche perché lunedì nell'ambito della “Terza Via” la divisione fra mondo anglosassone in genere, vecchi leader in particolare ed Europa continentale resta ben chiara. I giovani invitati, Matthias Machnig, sottosegretario all'Ambiente nel governo tedesco, Carme Chacon, ministro per la Difesa spagnolo e Helle Thorning Schmid, leader dei socialdemocratici danesi, hanno preso posizioni che hanno lasciato perplessi i vecchi leoni della politica. Soprattutto la Chacon ha usato una retorica antimercato e ha accusato la destra di essere responsabile della crisi «con la deregolamentazione selvaggia, dobbiamo tornare a restituire allo stato quel ruolo di tutore delle classi più povere...». Bill Clinton sorrideva. È stato lui, con Bob Rubin al Tesoro, a completare il processo di deregolamentazione selvaggia. Ed è stato lui a firmare un progetto di riforma del Welfare che lasciò la sinistra tradizionale senza parole. Ed è stato lui a dire lunedì rispondendo ai suoi giovani colleghi «tutto giusto.....ma: è inutile portare al bue un mangime straordinario se poi non lo mangia». Ha ricordato gli errori che ha fatto Obama in campagna elettorale in termini di comunicazione: «Le cose sarebbero andate meglio con un messaggio più chiaro al centro». Blair è andato anche oltre: «Non possiamo non ascoltare quel che ci dice l'elettorato, se sono scontenti dall'immigrazione non possiamo dire che sbagliano, dobbiamo affrontare la questione».

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Dopo le elezioni in effetti Obama ha ascoltato e i risultati in termini di consenso ci sono già. Un voto bipartisan con una maggioranza di 83 senatori a favore del compromesso fra il presidente e i repubblicani per prolungare di due anni i tagli fiscali. La borsa che celebra il nuovo spirito di cooperazione nella Capitale. Ieri, poco prima della chiusura l'indice Dow Jones toccava il massimo in due anni. A Wall Street si festeggiava il fatto che a Washington si sia in qualche modo voltata pagina: la Casa Bianca ha virato al centro confermando nei fatti che dopo due anni di attivismo a sinistra, proprio come fece Bill Clinton nei suoi primi due anni di presidenza, è arrivato il momento di gestire la situazioni.
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