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Austerity Merkel all'esame Ue

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Questo articolo è stato pubblicato il 16 dicembre 2010 alle ore 06:35.

BRUXELLES - «Sappiamo che l'euro è il nostro comune destino e che l'Europa è il nostro futuro collettivo. Nessuno in Europa sarà abbandonato. L'Europa si affermerà insieme».
Parole forti quelle pronunciate ieri a Berlino da Angela Merkel prima di partire per il vertice europeo che si terrà oggi e domani a Bruxelles. Incredibilmente parole di vecchio stampo, quando l'Europa era per molti passione, un'emozione collettiva. Non un freddo calcolo a tavolino e nemmeno l'arena dove impera la legge del più forte.
Parole fuori da questo tempo. Segno che la crisi dell'euro resta molto grave - dopo il debito sovrano le banche? - le difficoltà interne del cancelliere tedesco per riuscire a governarla pesanti almeno quanto il dialogo con partner europei delusi e irritati dall'arroganza di una leadership tedesco-francese miope, bacchettona ma poco efficiente.

Il tentativo di calmierare i mercati a caccia nelle praterie dei debiti sovrani finora è andato a vuoto. Dopo i salvataggi di Grecia e Irlanda, ci sono Portogallo e Spagna nel mirino. Moody's ieri ha pensato bene di avvertire Madrid di un possibile downgrading: l'euro è sceso, gli spread con il bund si sono allargati. Il giorno prima era stato il turno del Belgio con Standard & Poor's, tanto da indurne il governo ad annunciare ieri una manovra correttiva da 2 miliardi per l'inizio del 2011.
Se rigore sempre più stretto e riforme, se le reti di sicurezza spianate dalla Bce e dall'Efsf finora non sono riuscite a disarmare la speculazione contro l'euro, sono riuscite in compenso a mobilitare le piazze europee. Tra crescita smorta, disoccupazione in aumento, globalizzazione che morde dovunque creando incertezza nel futuro, non è facile continuare a stringere la cinghia. «No all'austerità, sì al lavoro e agli eurobond», gli slogan della manifestazione organizzata ieri a Bruxelles dai sindacati europei. Mentre dalla Grecia al Portogallo, dalla Francia alla Spagna, dal Belgio al Lussemburgo, dalla Danimarca alla Repubblica Ceca dilagavano le proteste.

Formalmente il vertice europeo di oggi è abbastanza facile: annuncerà l'accordo fatto (si veda Il Sole 24 Ore dell'altro ieri) sull'Esm, sul meccanismo europeo di stabilità che entrerà in vigore, previa mini-riforma del Trattato di Lisbona, a metà del 2013 per subentrare all'attuale Efsf (European Financial Stability Facility) da 440 miliardi.

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Sostanzialmente la speranza della Merkel di cavarsela limitandosi a dare in pasto ai mercati il futuro Esm appare illusoria. Perchè tutti, non solo i mercati, sanno che il 2013 è troppo lontano. I problemi da risolvere ci sono oggi e non danno tregua. Lo sanno tutti, anche la Merkel che, sostenuta dal francese Nicolas Sarkozy, per ragioni di traballante consenso interno, continua a dire no sia all'aumento di capitale dell'Efsf sia all'eventuale emissione di eurobond.
Nonostante al coro di chi giudica con favore il ricorso alle obbligazioni europee ieri, oltre ai soliti premier lussemburghese Jean-Claude Juncker e ministro Giulio Tremonti, si siano aggiunti due grossi calibri della Spd, gli ex-ministri Franz-Walter Steinmeier e Peter Steinbrück. «Qui si rischia di trasformare la Bce in una bad bank», ha denunciato Steinmeier. Preoccupato per i 72 miliardi di obbligazioni sovrane "vulnerabili" che la Banca centrale europea ha già preso in carico per fermare i mercati.

Scartata per ora l'opzione eurobond, soprattutto alla cena di stasera cui parteciperà Jean-Claude Trichet si discuterà delle alternative possibili. Di sicuro dell'aumento di capitale della Bce, sollecitato dal suo presidente senza sollevare le obiezioni tedesche. Si parlerà soprattutto di aumento delle risorse dell'Efsf o di una sua maggiore flessibilità. Come chiedono da settimane Trichet e l'Fmi insieme a vari paesi. Belgio e Spagna ieri si sono fatti avanti. Il primo chiedendone il raddoppio per disincentivare i mercati con una risposta forte alleggerendo l'onere che oggi pesa tutto sulla Bce. Ma anche perché, con solo 6 paesi da tripla A, che rappresentano il 58% del totale delle garanzie a sostegno dell'Efsf, di fatto la sua capacità di raccogliere prestiti non sarebbe di 440 miliardi ma solo di 225. Per ora però Merkel e Sarkozy continuano a respingere l'idea dell'aumento, sostenendo che il Fondo ha risorse sufficienti visto che per ora ne ha usate soltanto il 10 per cento. Sarà.

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