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Questo articolo è stato pubblicato il 20 dicembre 2010 alle ore 08:21.
I sacchetti di plastica, comunemente usati per la spesa o per gli acquisti (i cosiddetti shopper) – e in questo periodo se ne vedono molti fuori dai negozi o negli incontri da una casa all'altra – sono imballaggi. Gli imballaggi rappresentano uno dei principali fronti sui quali i singoli cittadini possono intervenire direttamente per ridurre la produzione dei rifiuti; infatti, circa il 50% della pattumiera domestica è costituito da imballaggi.
Il ricorso ai prodotti sfusi distribuiti con dispenser rappresenta la migliore pratica per eliminare quasi alla radice il problema. Tuttavia, nonostante l'impegno e le iniziative di numerosi comuni e catene di distribuzione, appare una pratica non ancora così affermata. Comunque, l'adozione della filosofia delle tre "R" (riduci, riusa, ricicla) rappresenta sicuramente un'arma importante contro lo spreco di risorse economiche e ambientali. È noto il Pacific Trash Vortex, il vortice di spazzatura dell'Oceano Pacifico, al largo della California che, con un diametro di circa 2.500 chilometri e una profondità di 30 metri, è composto per l'80% da plastica e il resto da altri rifiuti che arrivano da ogni dove.
Il sacchetto di plastica – con il suo impatto inquinante e deturpante rispetto al paesaggio – è in generale oggetto di attenzione anche da parte del legislatore nazionale che, di proroga in proroga, salvo un ripensamento dell'ultima ora, dovrebbe far partire il programma per la dismissione del sacchetto non biodegradabile dal prossimo 1° gennaio (peraltro già prevista a partire da inizio 2010 dalla Finanziaria 2007, articolo 1, commi 1129 e 1130 e poi prorogata fino a oggi).
In Italia si stima un utilizzo di 20 miliardi di sacchetti di plastica ogni anno, con un consumo pro capite di quasi 300 sacchetti all'anno: quasi un sacchetto per abitante/giorno, per un contenitore che si usa tra i 10 e i 20 minuti, e che invece finisce per pesare sull'ambiente per circa mille anni. A oggi il mercato della plastica biodegradabile rappresenta poco più dell'1% rispetto al totale del mercato della plastica. Tra un sacchetto in polietilene e un sacchetto in plastica biodegradabile la differenza è enorme: il primo nasce dalla materia prima petrolio e si decompone in un millennio; il secondo, invece, dalla materia prima vegetale (mais, patate e altri vegetali non commestibili) e si decompone in tre mesi. Differenza importante da conoscere nel momento in cui diventa un rifiuto: infatti, se il sacchetto del quale ci si vuole disfare è "tradizionale" (polietilene o PE) va conferito nel cassonetto dove si deposita la plastica; se, invece, è di bioplastica o plastica vegetale va recapitato nel cassonetto dell'umido insieme all'altra plastica biodegradabile (ad esempio piatti, bicchieri e stoviglie), scarti da giardino, avanzi di cucina cotti e crudi eccetera.