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Questo articolo è stato pubblicato il 22 dicembre 2010 alle ore 06:39.
ROMA
La febbre alta, che non gli concede tregua, avrebbe suggerito un cambio dell'agenda. Ma il presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha onorato tutti gli impegni. Così oggi volerà in Kosovo, insieme alla medaglia d'oro di Fli, Gianfranco Paglia, per far visita ai militari italiani di stanza a Pech. Ieri, invece, si è presentato ai cronisti per il tradizionale scambio di auguri. Da lì ha inviato un primo messaggio. «Alla luce di quello che è stato detto dal capo dello stato e subito dopo dal presidente del consiglio, due organi costituzionali che si sono pronunciati in modo sostanzialmente concorde, questa è una legislatura che può durare. È chiaro che il tempo risponderà alla domanda se si potranno tradurre in realtà le riforme o se sarà una legislatura che si trascina».
Quanto al totodimissioni, il leader di Fli ribadisce le sue intenzioni. «È un'ipotesi che non esiste. Sono stato eletto presidente della Camera e rimango tale fino all'ultimo giorno a meno che non mi si dimostri che ho svolto in modo parziale il mio ruolo». Non ci saranno quindi passi indietro. Anche perché, al presidente della stampa parlamentare Luca Terzulli, che lo punzecchia su un possibile «impaccio» tra il ruolo di terza carica dello stato e l'attività politica, Fini risponde: «Ho il dovere di rispettare il mandato che mi è stato conferito. Anche se fosse così, e non lo è, utilizzerei comunque in modo improprio le dimissioni».
Il leader di Fli resta al suo posto e rimarca alcuni concetti. A cominciare dalla legge elettorale. «C'è un uso distorsivo del premio di maggioranza – chiarisce – perché se fu bollata come legge truffa una norma che prevedeva l'assegnazione del premio oltre al 50,01% figuriamoci che truffa è se scatta a prescindere dalla soglia». Il "porcellum", quindi, va riformato. Ma attenzione, avverte Fini, il vero problema è garantire la stabilità «che o è nella politica o non c'è legge elettorale o marchingegno che possa darla. O una maggioranza è coesa e stabile o non è certo la legge elettorale che fa la differenza». Il presidenzialismo e il bipolarismo di cui era convinto assertore? «Sul presidenzialismo e sulla bontà di quelle riforme che garantiscono la scelta diretta del decisore non ho cambiato idea», ragiona ancora Fini. E auspica «un confronto scevo da pregiudizi» altrimenti non ci saranno margini per «le riforme non più eludibili».