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Corsa contro il tempo per l'università

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Questo articolo è stato pubblicato il 23 dicembre 2010 alle ore 06:36.

La riforma dell'università è ormai al traguardo. Il Senato darà il via libera definitivo al disegno di legge Gelmini oggi pomeriggio alle 16. In diretta televisiva come chiesto dalle opposizioni. Ma superare l'ultima curva è stato più complicato del previsto vista la tensione continua che ha accompagnato ieri per quasi otto ore i lavori dell'aula. Con più di un battibecco tra il presidente Renato Schifani e la minoranza.


Che il clima sarebbe stato teso lo si è capito sin dalle prime battute. All'inizio della seduta l'hanno fatta da padrona gli strascichi del giorno prima quando, come forse si ricorderà, la vicepresidente leghista Rosi Mauro aveva dichiarato «approvati» per errore quattro emendamenti presentati da Pd e Idv ed era poi intervenuto Schifani ad annullare le votazioni. Facendone ripetere una e accantonando quella sugli altri tre. Una serie di accadimenti che ha portato i democratici a parlare di «spoliazione» del parlamento e a ricordare come non sia stato sanato il contrasto esistente tra l'articolo 6 del provvedimento e il 29 visto che il primo innova una norma della legge Moratti del 2005 laddove il secondo la abroga.


Il dibattito si è via via incendiato. Con un effetto di spiazzamento quasi surreale se confrontato alla calma piatta che si registrava all'esterno e nell'intero centro storico della capitale, dove erano attesi e non sono mai arrivati i cortei di protesta degli studenti. In una situazione di continuo stop and go, con l'opposizione che ha avviato un tenace ostruzionismo e l'esame del ddl che è stato più volte sospeso, i tentativi della maggioranza di calendarizzare l'ok definitivo in tempi certi non sono andati a bersaglio. Da qui la minaccia di andare avanti a oltranza ieri in notturna e oggi per tutto il giorno.
Il copione si è ripetuto nel pomeriggio. Dagli emendamenti il conflitto si è spostato sul verbale della seduta di martedì che i senatori della minoranza hanno contestato in più punti. Specie nella ricostruzione di quanto accaduto durante la gestione dell'aula da parte di Rosi Mauro. Al punto che il vicecapogruppo del Pd, Luigi Zanda, ha annunciato un'inchiesta interna al Senato «per sapere come mai è stata modificata la prima bozza del verbale» e «chi ha inserito i puntini di sospensione» davanti alle parole della «Mauro "approvato" e chi è il mandante di queste modifiche».

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Tags Correlati: Anna Finocchiaro | Idv | Luigi Zanda | Pd | PDL | Renato Schifani | Rosi Mauro | Scuola e Università | Senato | Stefano Pedica | Udc

 

Ma ecco la mossa a sorpresa di Schifani: contingentare i tempi per la discussione fissandoli in un minuto per ogni gruppo anziché per il singolo parlamentare. Immediata la levata di scudi proveniente dai banchi dell'opposizione. Sotto forma di urla di contestazione e un tricolore sbandierato da Stefano Pedica (Idv) al grido di «questo non si piegherà mai». La presidente dei senatori democratici, Anna Finocchiaro, ha evidenziato che una simile riduzione del diritto di parola non aveva alcuna ragione di esistere e ha chiesto alla seconda carica dello stato di ritirarla. «Altrimenti – ha aggiunto – saremo costretti a rivolgerci a qualcun altro». A stretto giro è giunta anche la replica del diretto interessato: «Non siamo allo stadio, voi volete trasformare quest'aula in un'arena e io non ve lo consentirò».
Poco prima delle 20 la stessa Finocchiaro ha sotterrato l'ascia di guerra. Pur ribadendo che se avesse voluto la minoranza avrebbe «imballato» ancora per molto i lavori, l'esponente del Pd ha proposto un patto: stop al contingentamento in cambio della fine dell'ostruzionismo e della garanzia che oggi l'articolato sarebbe stato sottoposto al voto finale. D'accordo si sono detti Idv, Udc e Pdl e la conferenza dei capigruppo successiva ha suggellato l'intesa.
Incassato il sì bipartisan sull'articolo 20, la seduta è stata sospesa e aggiornata alle 9 di stamani. Restano da esaminare gli ultimi nove articoli più i tre emendamenti all'articolo 6 accantonati martedì. Il voto finale ci sarà intorno alla 16 in diretta tv. Ma l'ok finale può dirsi scontato e dopo un viaggio lungo 13 mesi il ddl Gelmini diventerà legge. E il paese, ha annunciato trionfante la responsabile dell'Istruzione, potrà «archiviare definitivamente il '68».

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