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Questo articolo è stato pubblicato il 23 dicembre 2010 alle ore 11:29.

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Gelmini sì, Gelmini no. La riforma vista da due studenti, pro e controGelmini sì, Gelmini no. La riforma vista da due studenti, pro e contro

Fabio: «La governance dei nostri atenei può adeguarsi adesso a quella dei paesi europei, anche noi inseriamo nei Cda delle figure esterne che non possono che giovare, naturalmente nell'ottica che siano scelti esperti di gestione economica. Il senato non viene degradato a organo consultivo, ma è decisionale. E la gestione dei soldi non sarà svolta più da organi di rappresentanza interni all'ateneo, che spostano i fondi secondo l'interesse delle facoltà».

Gli atenei meritevoli, i più virtuosi, avranno più fondi
Stefano: «Anche qui: meritevole in che senso? È una logica grave, che alla lunga rischia di avere un impatto negativo sul territorio: un ateneo su un territorio ricco sarà sempre capace di attrarre finanziamenti, viceversa un ateneo del sud rischia di più, rischierà di chiudere. Il che non sarà senza ricadute: non si incentiverà allo studio, ci saranno meno ragazzi che potranno andare all'università. Se non c'è un diritto al sapere, se non c'è un diritto allo studio, come valuti l'essere meritevole? Senza contare che accanto a questa logica dei meritevoli, vengono comunque finanziate le università online, di dubbia legittimità».
Fabio: « Il 7% del Ffo (Fondo di finanziamento ordinario, ndr) verrà distribuito in base alla qualità della ricerca e della didattica: è una percentuale ancora tenue, ma è un primo passo. Certo finalmente si comincia a distinguere tra chi usa bene i fondi, in maniera sana, e chi no. Al Politecnico usiamo il 60% circa dei finanziamenti per la gestione amministrativa e il resto per la ricerca e sviluppo, ma per esempio a Siena si arriva a spendere quasi il 108% delle risorse già solo per l'amministrazione».

È giusto evitare il fenomeno dei "ricercatori a vita"?
Stefano: «Anche qui vale il discorso dei fondi: non tutto si risolve con tagli indiscriminati che non tengono conto del sistema della ricerca. Bisogna considerare le situazioni particolari. Ad esempio per me sono meritevoli i ricercatori di Bologna perché hanno sostenuto per anni il peso dell'università, ricevendo poco in cambio. L'università di Bologna è eccellente per quello che hanno fatto i propri studenti, non per le scelte strategiche e politiche dell'ateneo. Per cui la retorica dei meritevoli mi sembra che venga utilizzata solo per tagliare, e basta».
Fabio: «È importante che se si vuol rimanere nell'università non si venga pagati mille euro al mese ma qualcosa in più, senza esser costretti ad andare all'estero. Ma bisogna avere il coraggio di cambiare l'Italia, e in prospettiva è giusto che non si possa rimanere ricercatori a vita, per noi giovani e per la ricerca stessa, perché è scientificamente dimostrato che i ricercatori a tempo indeterminato più invecchiano e meno producono. Quindi si arriva finalmente a un bivio: o si è un ricercatore capace, e allora poi si intraprende la carriera accademica vera e propria, o vuol dire che non era quella la strada giusta».

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