Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 23 dicembre 2010 alle ore 06:36.
Non più di sei anni alla guida degli atenei, con un tetto che non ammette eccezioni e fa scadere anche i rettori attuali. Gli atenei avranno sei mesi di tempo per riscrivere i propri statuti, e i rettori che sono in sella da troppo tempo dovranno abbandonare la carica nell'anno accademico successivo. I più «nuovi», invece, potranno continuare a guidare l'università, ma anche per loro scatterà l'addio dopo sei anni.
Quella contro i rettori a vita è stata una delle norme più discusse nella riforma Gelmini, che nel testo finale approvato dalla camera a fine novembre ha accolto la versione più rigorosa.
Tolta la questione tempi, nella nuova università il rettore continua a essere il vertice della piramide gerarchica, e si trova anzi dei poteri in più. Oltre a coordinare attività scientifiche e didattiche, proporre i bilanci e e i programmi triennali e indicare il direttore generale, il rettore dovrà anche avviare i procedimenti disciplinari nei confronti dei docenti, che fino a oggi si erano autogovernati all'interno del consiglio universitario nazionale.
Anche dopo la riforma, il rettore sarà di norma eletto da docenti e personale tecnico, ma le università che vorranno (e che dimostreranno di avere performance migliore della media) potranno scegliere di nominarlo senza passare dall'elezione interna (e dalle relative convergenze di interessi). Il rettore continuerà a guidare il senato accademico, che si occuperà di ricerca e didattica (i conti saranno in mano al cda), deciderà sull'attivazione o soppressione di corsi e sedi e dovrà gestire anche i servizi agli studenti.