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Questo articolo è stato pubblicato il 23 dicembre 2010 alle ore 06:36.
Addio progressivo al ruolo dei ricercatori, che sarà assorbito (in parte) con il piano straordinario per le assunzioni ad associato previsto dalla legge di stabilità. Nell'università ridisegnata dalla riforma, i ricercatori saranno a tempo determinato, e la loro attività sarà regolata da contratti triennali: massimo due (il primo allungabile per altri due anni). Nel corso di questa fase, pensata per "testare" chi è adatto alla carriera accademica, i ricercatori potranno concorrere per l'abilitazione nazionale al ruolo di associato.
I ricercatori saranno sottoposti anche al giudizio dell'ateneo: se l'università giudica positivamente un proprio ricercatore, è tenuta a blindare nel bilancio le risorse necessarie alla sua assunzione.
Per diventare ricercatori, naturalmente, bisognerà superare un concorso, il cui bando va pubblicato sul sito dell'ateneo e su quelli di ministero e unione europea. Nella selezione, che per la prima volta prevede obbligatoriamente il superamento di una prova di lingua straniera, saranno prima di tutto valutati i titoli e le pubblicazioni; continua a essere possibile fissare un tetto al numero di pubblicazioni presentabili, che però non potrà essere fissato sotto quota dodici.
Dopo una valutazione preliminare, i candidati migliori saranno ammessi a una discussione pubblica, che si concentrerà sempre su titoli e produzione scientifica; divieto assoluto di esami scritti od orali, con l'unica eccezione della prova di lingua.
Chi supera la prova otterrà il contratto che, a differenza di quanto accade oggi, specificherà anche gli obblighi di didattica e servizi agli studenti.