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Questo articolo è stato pubblicato il 23 dicembre 2010 alle ore 06:36.
Valutazione. È una delle parole che ricorrono più spesso all'interno del disegno di legge Gelmini. E da cui dipenderà buona parte dei destini di atenei e docenti. Ma per pesarne l'impatto reale bisognerà attendere le norme di attuazione.
Lo testimonia l'articolo 5 del provvedimento che affida a uno o più decreti legislativi il compito di fissare i criteri per introdurre meccanismi premiali a favore delle università che si distinguano, ad esempio, per un'efficiente politica di reclutamento o per i risultati conseguti in termini di didattica o di ricerca. Nel farlo l'esecutivo dovrà tenere conto dei suggerimenti del l'agenzia nazionale per la valutazione (Anvur).
Qualche paletto viene comunque introdotto già dal ddl Gelmini. Ad esempio sul numero di ore che docenti e ricercatori dovranno effettivamente dedicare a studio, ricerca e insegnamento: 1.500 ore se assunti a tempo indeterminato, che scendono a 750 in caso di tempo definito. Con la previsione ulteriore che i professori ne dedichino almeno 350 alla didattica e al servizio agli studenti (250 in caso di contratto a tempo determinato). Limite che per i ricercatori viene fissato, rispettivamente, a 350 e 250 ore.
Il rispetto delle prescrizioni andrà autocertificato dai diretti interessati in base alle modalità decise dai regolamenti desi singoli atenei. Un margine di autonomia che varrà anche per le attività di verifica che dovranno però conformarsi a dei criteri oggettivi stabiliti dall'Anvur.