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Questo articolo è stato pubblicato il 24 dicembre 2010 alle ore 08:16.
L'ultima modifica è del 24 dicembre 2010 alle ore 06:43.
Amo pensare al Natale come alla festa della giovinezza di Dio: se, come diceva Tagore, «ogni bimbo che nasce è un segno che Dio non è stanco degli uomini», l'annuncio della nascita di quel bambino è da duemila anni la "buona novella" di un nuovo inizio possibile, al di là di tutte le nostre stanchezze e di ogni nostra rinuncia a sperare e ad amare. Perciò, Natale sfida tutti a sognare, mescolando i sogni degli uomini al grande sogno di Dio.
Dovunque un nuovo inizio appare necessario e urgente, lì la nascita indicata dalla stella cometa sulla grotta di Bet-lehem accende il sogno che vorrebbe tirare nel presente degli uomini il domani divino.
Fu il sogno di Martin Luther King in quel fatidico 28 agosto 1963: «I have a dream...». È un sogno che parla specialmente ai giovani d'oggi, a quelli che come fiume sono scesi nelle piazze per gridare la protesta e per i quali le parole di quel grande sognatore risuonano più che mai vere, attuali: «Cerchiamo di non soddisfare la nostra sete di libertà bevendo alla coppa dell'odio e del risentimento. Dovremo per sempre condurre la nostra lotta al piano alto della dignità e della disciplina. Non dovremo permettere che la nostra protesta creativa degeneri in violenza fisica. Dovremo continuamente elevarci alle maestose vette di chi preferisce alla forza fisica la forza dell'anima».
Il sogno che vorrei condividere in questo Natale non è fuga dalla realtà o presunzione di realizzare l'impossibile: è, invece, sfida a volare alto, a vedere l'invisibile e ad amare con l'amore che c'invita a fare della nostra vita la realizzazione di un progetto più grande, fino a spenderla - nel modo più giusto e più bello che ci sia dato - al servizio di tutti. Un profeta dei nostri giorni, Helder Camara, il "vescovo dei poveri", amava ripetere: «Beati quelli che sognano: trasmetteranno speranza a molti cuori e correranno il dolce rischio di vedere il loro sogno realizzato». E un grande protagonista del Concilio Vaticano II, Leo Joseph Suenens, affermava: «Beati quelli che sognano e sono pronti a pagare il prezzo più alto perché il loro sogno prenda corpo nella vita degli uomini».