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Commenti e Inchieste

La vera verifica di maggioranza sarà dopo la sentenza della Consulta

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Questo articolo è stato pubblicato il 24 dicembre 2010 alle ore 08:12.
L'ultima modifica è del 24 dicembre 2010 alle ore 06:37.

Al di là delle parole e delle polemiche, la conferenza stampa di Berlusconi ha confermato tre punti. Primo, la maggioranza ha bisogno di consolidarsi e di aggregare numeri convincenti; in assenza di ciò, la prospettiva delle elezioni anticipate resta incombente. Secondo, l'unico percorso politico per rendere davvero più stabile la maggioranza prevede un accordo alla luce del sole con l'Udc di Casini; tuttavia è assai improbabile che l'operazione sfoci in un'alleanza di ferro, più facile prefigurare un appoggio esterno in Parlamento.


Terzo, la Lega resta diffidente verso il nuovo profilo «centrista» del premier, almeno fin quando non avrà capito qual è il prezzo dell'eventuale accordo. Sotto questo aspetto gli attacchi volti a delegittimare Fini come presidente della Camera equivalgono all'innesco di una mina. Adesso sono una spada di Damocle sospesa sopra le manovre del «terzo polo», di cui Casini è una sorta di leader non ufficiale; in seguito la mina potrebbe esplodere, specie se Bossi deciderà in tal senso allo scopo di impedire un'intesa indigesta alla Lega ovvero di accelerare la discesa verso le elezioni. In quel caso la permanenza sulla poltrona di Montecitorio di un presidente ripudiato dalla maggioranza sarebbe un plausibile «casus belli» per ottenere lo scioglimento.
Si vedrà. In ogni caso ha ragione Berlusconi quando afferma che gennaio sarà il mese della verità. Di sicuro i tempi politici per l'allargamento della maggioranza non potranno essere infiniti. L'intesa con Bossi, un alleato leale ma ingombrante, prevede che entro poche settimane si faccia il punto. Accadrà, si può immaginare, dopo la sentenza della Consulta sul «legittimo impedimento». Quel giorno conosceremo un Berlusconi diverso da come lo abbiamo visto negli ultimi mesi.


Se la pronuncia sarà a lui favorevole, lo vedremo più forte e quindi in grado di gestire l'allargamento con maggiore determinazione. Fermo restando che la base parlamentare del governo non si consolida acquisendo i deputati uno per volta, alla spicciolata, reclutati da qualche alleato volonteroso. L'operazione deve passare attraverso un faccia a faccia con Casini. Oggi l'incontro è prematuro, domani potrebbe essere possibile, ma il presidente del Consiglio vorrebbe arrivarci rinsaldato. E solo una sentenza positiva della Corte potrebbe dargli questa sicurezza.

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Tags Correlati: Berlusconi | Casini | Corte Costituzionale | Gianfranco Fini | Giustizia | La Lega | Lega | Montecitorio | Udc

 

Nell'altra ipotesi (una pronuncia sfavorevole) Berlusconi sarebbe più debole di oggi. Tornerebbe a sentirsi braccato e reagirebbe con l'aggressività tipica dei momenti amari. Questo non vorrebbe dire la fine del confronto con i centristi, tutt'altro. Ma è chiaro che i rapporti di forza sarebbero diversi: il più forte sarebbe Casini e la Lega potrebbe riservarsi l'ultima parola.
Il presidente del Consiglio ha detto di non voler «galleggiare» e l'intenzione gli fa onore. Ma è difficile credere che la nuova offensiva contro i giudici «eversivi» e la stessa Corte possa rendere più sereni i prossimi passaggi. Non si capisce in particolare come Berlusconi intenda trasformare la legislatura in quella fucina di riforme che il paese attende. La stabilità operosa, sollecitata anche dal Capo dello Stato, resta un desiderio e una necessità, ma le condizioni politiche sono assai nebulose. E forse non basterà un fragile appoggio esterno. Per ora abbiamo visto il faticoso approdo della riforma Gelmini. Un successo indubbio del governo, ma domani è un altro giorno.

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