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Questo articolo è stato pubblicato il 27 dicembre 2010 alle ore 16:18.
Il generale Giampaolo Ganzer «non si è fatto scrupolo di accordarsi» con «pericolosissimi trafficanti» per raggiungere «gli obiettivi ai quali è spinto dalla sua smisurata ambizione». La sete di carriera avrebbe quindi reso l'attuale comandante del Raggruppamento operativo speciale dei carabinieri (Ros) capace «di commettere anche gravissimi reati». Usano queste parole i giudici di Milano nelle motivazioni della condanna a 14 anni inflitta lo scorso 12 luglio al comandante del Ros nel processo per presunte irregolarità nelle operazioni antidroga.
Impunità a pericolosissimi trafficanti
Secondo i giudici dell'ottava sezione penale di Milano, presieduta da Luigi Caiazzo, il generale (definito dalla «preoccupante personalità») «non ha minimamente esitato (...) a dar corso» ad operazioni antidroga «basate su un metodo di lavoro assolutamente contrario alla legge, ripromettendosi dalle stesse risultati d'immagine straordinari per se stesso e per il suo Reparto». Ganzer, sempre stando alle motivazioni di oltre 1.100 pagine, «non si è fatto scrupolo di accordarsi (...) con pericolosissimi trafficanti, ai quali ha dato la possibilità di vendere in Italia decine di chili di sostanze stupefacenti e ha loro garantito l'assoluta impunità». Il comandante dei Ros inoltre «ha tradito, per interesse personale, tutti i suoi doveri, e fra gli altri quello di rispettare e far rispettare le leggi dello Stato».
I giudici, il 12 luglio scorso, oltre a Ganzer, avevano condannato altre 13 persone - a pene variabili dai 18 anni in giù - tra cui anche il generale Mauro Obinu e altri ex sottufficiali dell'Arma. L'accusa aveva chiesto per Ganzer 27 anni di carcere, ma i giudici lo avevano assolto dall'accusa contestata dalla Procura di associazione per delinquere e lo avevano condannato per episodi singoli di traffico internazionale di stupefacenti.
Nel motivare la mancata concessione a Ganzer delle attenuanti generiche, il collegio scrive che le stesse attenuanti non possono essere riconosciute «non solo per l'estrema gravità dei fatti, avendo consentito che numerosi trafficanti (...) fossero messi in condizioni di vendere la droga in Italia con la collaborazione dei militari e intascarne i proventi, con la garanzia dell'assoluta impunità, ma anche per la preoccupante personalità dell'imputato, capace di commettere anche gravissimi reati».