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Questo articolo è stato pubblicato il 29 dicembre 2010 alle ore 10:52.
Il presidente brasiliano, Inacio Lula da Silva, avrebbe deciso di non estradare Cesare Battisti perché teme per la sua incolumità. L'anticipazione della decisione del presidente è stata lanciata sul sito Globo News. Manca solo l'annuncio ufficiale ma il presidente brasiliano uscente Lula ha deciso di non estradare l'ex terrorista rosso per «preservarne l'incolumità». Lula concederà lo status di rifugiato a Battisti contraddicendo le decisioni del Tribunale supremo federale. Quest'ultimo aveva concesso il via libero al reimpatrio di Battisti che in Italia deve scontare l'ergastolo per 4 omicidi commessi quando era leader dei Proletari Armati per il Comunismo (Pac).
Malgrado il 'nulla osta' della più alta assise giuridica brasiliana la scelta finale è politica e spetta a Lula. Il presidente della repubblica in carica fino al 31 dicembre, non vuole lasciare questa patata bollente, che inevitabilmente peggiorerà i rapporti tra Brasile ed Italia, alla sua erede Dilma Roussef. Il neo presidente, che si insedierà il 1 gennaio, tra l'altro, prima di essere eletta, lo scorso giugno si era espressa esplicitamente a favore dell'estradizione di Battisti.
L'ex terrorista rosso, beniamino della gauche francese a Parigi durante gli anni della fuga dall'Italia, è in carcere in Brasile dal 2007 in Brasile. Qui si era rifugiato per evitare di essere estradato dalla Francia, che nel mentre aveva abbandonato la dottrina Mitterand (salvacondotto per i terroristi che rinunciavano alla lotta armata) e si apprestava a farlo tornare in Italia. L'ultimo ostacolo alla decisione di Lula era una giustificazione legale, che gli è stata fornita ieri dall Procuratore Generale (Agu), Luis Inacio Adams, contrario all'estradizione in Italia.
Irritazione tra i parenti delle vittime
Grande è l'irritazione tra i parenti delle vittime di Battisti: «Mi aspettavo una decisione simile. Vorrà dire che ci muoveremo in modo molto più deciso», ha dichiarato Alberto Torreggiani, figlio del gioielliere ucciso nel 1979, che non si aspettava un esito diverso. «Sarei stato sorpreso se fosse stato il contrario», continua, «ma non sono deluso perché ero preparato. Adesso bisogna fare qualcosa di veramente forte perchè questa è una gran presa in giro. Le parole non bastano più, ora contatterò gli organi competenti e decideremo come mobilitarci perché questa non è tanto una questione personale ma la scelta apre un precedente molto pericoloso. Qualsiasi delinquente saprà di poter contare su una scappatoia, e questo non è giusto».