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Questo articolo è stato pubblicato il 30 dicembre 2010 alle ore 06:39.
ROMA
«La palude» evocata da Bossi, fuor di metafora, potrebbe a tutti gli effetti rivelarsi la commissione bicamerale per l'attuazione del federalismo. L'equilibrio sottilissimo venutosi a creare con l'uscita dei finiani dalla maggioranza è il vero nodo, sciolto il quale, la Lega potrebbe davvero blindare il suo ambito traguardo: il via libera a tutti i decreti attuativi della riforma sul federalismo fiscale. Si sa che adesso il nome cruciale è quello di Mario Baldassarri, il finiano che rappresenta l'ago della bilancia: in commissione Pdl e Lega contano su 15 voti sicuri (incluso quello del'Svp con Helga Thaler Ausserhofer), altrettanti però sono espressione dell'opposizione e del cosiddetto terzo polo (10 voti Pd, uno Idv, due Udc, uno Api, uno Fli). Peccato, interpretando i pensieri del Carroccio, che in commissione la parità voglia dire bocciatura.
Baldassarri non ha mai nascosto di essere quantomeno tiepido su diversi aspetti della riforma, pur votando sempre sì fino ad oggi, quindi fino allo strappo definitivo di Futuro e libertà. E adesso? C'è aria di grandi manovre stando alle ultime uscite del ministro per la Semplificazione Roberto Calderoli, ma in realtà lo stallo è ancora uno scenario probabile. Calderoli non fa mistero del tentativo di crearsi «una maggioranza anche nelle commissioni» e qualche giorno fa, in un'intervista a Repubblica, ha provato l'affondo in contropiede offrendo al Pd uno scambio tra il via libera «ad ampia maggioranza» agli ultimi decreti federalistici e la riforma della Costituzione che, con la nascita del Senato federale, avrebbe come corollario praticamente obbligatorio la riforma elettorale. Reazione a dir poco fredda del Pd, che dal canto suo continua a scandire un concetto chiave: un accordo sul federalismo sarebbe possibile solo con un governo di responsabilità nazionale. Non è un buon viatico del resto lo scontro che si è appena acceso sulle stime dello studio Pd messo a punto dal senatore Marco Stradiotto sulla base dei dati della Copaff (commissione tecnica paritetica). Il calcolo sulla penalizzazione che colpirebbe le regioni meridionali – 445 milioni in meno – è stato duramente contestato da Calderoli, in rotta con quelli che ha definito «apprendisti analisti». Altro che convergenza.