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Petardi contro la Lega a Gemonio

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Questo articolo è stato pubblicato il 30 dicembre 2010 alle ore 06:39.

Due petardi artigianali fatti esplodere a pochi secondi l'uno dall'altro davanti alla sede della Lega a Gemonio: vetrine infrante e nessun ferito ma il gesto contro la piccola sede del partito (non è il primo) viene subito stigmatizzato in modo bipartisan, mentre per Umberto Bossi i mandanti sono coloro che «non vogliono che il paese cambi e ora si affidano al terrorismo per spaventare la gente. È la palude romana che manda segnali». Il Carroccio, avverte Roberto Maroni, non si lascerà intimidire.

L'episodio che ha colpito la sezione leghista nel comune varesino in via Marsala 1, vicino alla villa di Bossi (il Senatur abita a un centinaio di metri), risale alle 3 della notte tra martedì e mercoledì: a quell'ora, il leader leghista era rientrato a casa di ritorno dalla «Berghem Frecc», la festa nel bergamasco, dove aveva tenuto un comizio. La telecamera dell'impianto di videosorveglianza installato nella casa di fronte all'edificio ha ripreso due uomini – giubbotto bomber e cappuccio per non farsi riconoscere – che accendono la miccia degli ordigni realizzati con polvere nera compressa e si danno alla fuga verso la piazza della chiesa. Carabinieri e Digos esaminano anche le immagini provenienti dalle altre telecamere: potrebbero aver ripreso l'auto con la quale i due uomini si sono allontanati dal paese. L'attentato è stato "firmato": sul muro della sede leghista è comparsa la scritta «Antifa secondo atto». Scritta già comparsa a Varese a maggio, quando era stata imbrattata di vernice rossa la sede locale del Carroccio. Gli investigatori fanno risalire la rivendicazione all'area anarchica che gravita intorno ai centri sociali. La procura ha aperto un fascicolo a carico di ignoti con i reati di esplosione e danneggiamento.
In un'intervista pubblicata sulla Padania di oggi Bossi parla dei responsabili dell'episodio:

«Chi non ha voluto mandare il paese alle elezioni. Se fossimo andati alle urne, come suggerivo, tutto questo non sarebbe successo». «Credo che si tratti di un attentato contro la democrazia e non contro un partito» ha detto il ministro leghista dell'Interno Maroni. «Noi della Lega siamo abituati da sempre ad attacchi di questo tipo, fatti da intolleranti che agiscono vigliaccamente e nell'anomitato – ha aggiunto –. È accaduto altre volte in passato che sedi del nostro partito siano state oggetto di violenza, ma non ci siamo mai fatti intimidire e la stesso accadrà questa volta. Naturalmente sono episodi da non sottovalutare. Non posso dire nulla ovviamente sulle attività investigative che sono in corso e seguono piste precise».

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Tags Correlati: Camera dei deputati | Daniele Marantelli | Digos | Emanuele Fiano | Gianfranco Fini | Idv | Lega | Maurizio Gasparri | Partiti politici | Pd | PDL | Renato Schifani | Roberto Maroni | Udc | Umberto Bossi | Varese

 

Solidarietà alla Lega è arrivata dalla massime cariche dello stato: il presidente del Senato Renato Schifani ha espresso una «decisa condanna dell'accaduto», mentre quello della Camera Gianfranco Fini ha parlato di «vile gesto da condannare». Il Pdl con il capogruppo dei senatori Maurizio Gasparri invita a non sottovalutare l'episodio: «Alzare la guardia è un dovere a tutela della libertà. Saranno pure petardi, ma è bene non ignorare nessun segnale di allarme». Concetto ribadito dal presidente dei deputati Pdl Fabrizio Cicchitto: «Fatti di questo tipo devono far riflettere sulla necessità di non sottovalutare i rischi connessi alla violenza di matrice terroristica». Ferma la condanna di Udc, Idv e del Pd: «Nessuna violenza di alcun genere potrà mai essere accettata da noi come forma di intimidazione politica» dichiarano Emanuele Fiano, responsabile del forum Sicurezza del Pd, e Daniele Marantelli, deputato varesino del Pd.

Non è la prima volta che a Gemonio la Lega finisce nel mirino. Nel febbraio 2007 sul portone della sede leghista furono ritrovate tracce di bruciato causate da uno straccio imbevuto di un liquido. Stessa "tecnica" usata il 4 gennaio 2009. In quell'occasione era stata anche tracciata una scritta con minacce di morte indirizzate al segretario del Carroccio su un muro e sulla parete era stato scritto «A morte Bossi più i secessionisti».

LA RIVENDICAZIONE
I due petardi fatti esplodere nella notte davanti alla sede della Lega a Gemonio hanno mandato in frantumi le vetrine (foto in alto) senza provocare feriti. La scritta di rivendicazione, «Antifa secondo atto», porta gli inquirenti (nella foto a destra i carabinieri al lavoro) a seguire la pista delle frange anarchiche locali vicine ai centri sociali. La sede, ad un paio di minuti dalla villetta gialla del leader Umberto Bossi, era già stata presa di mira nel febbraio del 2007 e nel gennaio del 2009 quando il portone era stato incendiato

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