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Questo articolo è stato pubblicato il 31 dicembre 2010 alle ore 10:14.
Appena entrati dalla porta Sant'Anna, lato est di piazza San Pietro, si passa sotto il maestoso Torrione Niccolo V, addossato al palazzo Apostolico, dove risiede il Papa. Salta agli occhi perchè è una costruzione circolare di mura alte, tanto alte che le prime finestre sono a una ventina di metri da terra. Là dentro ha sede lo Ior, l'Istituto per le Opere di Religione. Fino a oggi custode dei segreti d'Oltretevere, segreti da che domani sarà certamente più difficile nascondere.
Dentro quelle mura sono transitati fiumi di denaro in tutte le divise del mondo, spesso a fin di bene, qualche volta un pò meno. Non è un caso quindi che il nome stesso dell'istituto evochi ancora sinistre vicende, da Michele Sindona a Roberto Calvi, da monsignor Paul Marcinkus fino a beghe più recenti che si intrecciano sempre con il sottobosco affaristico della politica italiana. Questa riforma forse non era una delle priorità dell'agenda di Benedetto XVI, ma il tempo è stato una buona medicina. Su spinta del segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, allo Ior è stata data una scossa con il rinnovo del vertice nel settembre 2009, con la nomina del banchiere Ettore Gotti Tedeschi alla guida del consiglio "laico" con un mandato preciso: avviare un nuovo corso. E così da un anno e più sono iniziate le trattative con la Ue per varare la normativa antiriciclaggio, e in parallelo con l'Ocse per l'ingresso nella white list dei paesi virtuosi. Che ci fosse bisogno di riscrivere le regole era lo Ior stesso che lo sosteneva, visti anche gli episodi in cui l'istituto è inciampato malamente, come l'inchiesta della Procura di Roma (con il congelamento di 23 milioni di euro di fondi Ior) proprio per riciclaggio e iscrizione dei vertici nel registro degli indagati. Da Via Nazionale erano più volte arrivati segnali che il "transito" dei fondi vaticani attraverso i canali bancari italiani non erano del tutto rispondenti alle norme internazionalmente accettate, e così si è voluto accelerare. Insomma, con la riforma varata dal Papa si chiude un'era, iniziata nel lontano 1887.
Fu Leone XIII, il papa della Rerum Novarum, a costituire la prima commissione per le Opere di Religione, ma fu con i patti Lateranensi del 1929 che la musica cambiò. Pio XI nominò a capo dell'amministrazione il primo banchiere laico vaticano, Bernardino Nogara, al quale furono affidati i quasi due miliardi versati dallo stato italiano a titolo di risarcimento. Con quel capitale iniziale Nogara si mise al lavoro, ponendo due condizioni: investire ovunque e senza condizionamenti religiosi. Si arriva così al 1942 quando nasce formalmehte lo Ior, che ne frattempo di era allargato parecchio a Piazza Affari, fino ad acquistare la maggioranza della potente Immobiliare, che poi darà grattacapi in futuro. Grazie anche ad una legge italiana che esonererà l'Istituto dal pagamento di imposte sui dividendi (che verrà reintrodotto negli anni sessanta, creando tensioni con la Dc) l'espansionismo non conosce limiti, dalla Banca Privata di Sindona alla Banca Cattolica del Veneto, venduta al Banco Ambrosiano. Ed è proprio il crack della banca di Calvi, messa in liquidazione da Beniamino Andreatta, a far spofondare lo Ior in un buco nero, fatto di processi e dossier, morti misteriose e depistaggi, buco da cui uscì - senza mai ammettere colpe di ogni genere - con l'accordo firmato a Ginevra con le banche creditrici dell'Ambrosiano per 406 milioni di dollari, a titolo di «contributo volontario». Nel 1990 Giovanni Paolo II varò una nuova riforma (che ha dato l'assetto attuale), e pur tuttavia l'alone di opacità che avvolgeva l'istituzione non era calato, come dimostrato anche di recente dall'inchiesta sui grandi appalti. Ma da dove arrivavano tutti questi soldi? Lo Ior non fa prestiti, ma riceve solo dei depositi che deve far fruttare per poi restituirli ai depositanti - enti vaticani, congregazioni religiose, ordini missionari, singoli prelati - che li destinano ad operazioni connesse con l'attività istituzionale della Chiesa. Ma naturalmente anche per altri fini, come per esempio il finanziamento segreto del sindacato polacco Solidarnosc, vicenda che si intreccia con l'Ambrosiano. Poi ci sono i veri misteri, come l'oro degli ustascia croati arrivato in Vaticano nel 1945 - stimato in oltre 150 milioni di dollari dell'epoca, caso che poco più di dieci anni fa è sbarcato in una corte giudiziara americana.