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Questo articolo è stato pubblicato il 31 dicembre 2010 alle ore 06:37.
MOSCA
«Sono disposto a stare qui fino a notte tarda per non lavorare il 31. E lei?» chiede la guardia. «Nella mia situazione non cambia un accidente» risponde ridendo il detenuto Khodorkovskij. Il veloce scambio di battute è stato registrato dai giornalisti prima che il tribunale Khamovnicheskij di Mosca finisse il suo lavoro. Ieri i giudici hanno deciso: Mikhail Khodorkovskij e il suo socio, Platon Lebedev, sono stati riconosciuti colpevoli di appropriazione indebita e riciclaggio di denaro sottratto al fisco. Una condanna ad altri sei anni di carcere (per un totale di 14) chiude il secondo processo all'ex uomo più ricco di Russia. Visto che questa nuova condanna verrà calcolata dal primo arresto di Khodorkovskij, avvenuto il 25 ottobre del 2003, l'ex patron della compagnia petrolifera Yukos potrà tornare in libertà nel 2017, a meno che i palazzi del potere a Mosca non riservino altre sorprese.
Vadim Kluvgant, legale capo di Khodorkovskij, ha annunciato che ricorrerà in appello e detto che «è una vergogna per la tutta Russia. Presumo che la sentenza farà rumore in tutto il mondo». La segretaria di stato americano, Hillary Clinton, ha dichiarato che il processo pone «interrogativi seri» sullo stato di diritto in Russia e il verdetto avrà «un impatto negativo sulla reputazione internazionale di Mosca». Dall'amministrazione Obama hanno fatto sapere che l'episodio comprometterà il cammino di Mosca verso la World Trade Organization. La Germania e altri paesi europei hanno promesso di trarre «conclusioni adeguate» dall'esito del processo. Per il ministro degli Esteri tedesco Guido Westerwelle la condanna di Khodorkovskij significherà «un passo indietro sulla via della modernizzazione» della Russia. Mosca considera queste dichiarazioni pressioni «inaccettabili» sul suo sistema giudiziario.
I giudizi occidentali coincidono con quelli dei partiti di opposizione e dei movimenti per la tutela dei diritti umani. Il leader del gruppo di Helsinki e uno dei più noti dissidenti dei tempi sovietici, Liudmila Alekseeva, ha definito la sentenza un «duro colpo alla democrazia». Il leader del movimento democratico di opposizione "Solidarnost" Boris Nemtsov, ha detto: «Il verdetto riporta la Russia verso la dittatura. È un'involuzione contro il rispetto dei diritti umani». Secondo molti osservatori il processo sarebbe stato organizzato dal Cremlino per tenere Khodorkovskij più lontano possibile dalla vita politica fino alle elezioni presidenziali del 2012.