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Su Battisti scontro Italia-Brasile

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Questo articolo è stato pubblicato il 31 dicembre 2010 alle ore 06:39.


ROMA
I lontanissimi "anni di piombo" scaricano sul governo Berlusconi tutte le loro code avvelenate nelle ultimi scampoli del 2010. Caso non solo giudiziario ma soprattutto politico-diplomatico con fortissime ricadute economiche nei rapporti tra Italia e Brasile quello dell'estradizione negata al terrorista Cesare Battisti dal presidente brasiliano uscente Ignácio Lula da Silva. L'Italia reagirà con fermezza come avviene sempre in casi simili perché giudica «inaccettabile e incomprensibile» una simile decisione che Lula «dovrà spiegare agli italiani». Ma da qui a scendere in trincea ce ne corre. La Farnesina presenterà ricorso alla Suprema corte federale che già nel 2009 aveva negato a Battisti lo status di rifugiato politico. Forse ci sarà anche il "passo" che segnala la freddezza diplomatica come il richiamo "per consultazioni" dell'ambasciatore italiano a Brasilia Gherardo La Francesca. Ma difficilmente si andrà oltre per non intaccare una rapporto con uno dei "giganti" delle nuove economie emergenti con una crescita economica a due cifre dove a perdere saremmo fatalmente solo noi.
«Leggerò le carte e dopo parlerò con voi» dice Lula a chi gli chiedeva ieri sera quale sarà la sua decisione dopo il parere negativo dell'avvocatura generale brasiliana alla richiesta italiana di estradare Battisti in Italia per scontare la sua pena. Una decisione per la quale da molti mesi e in maniera coordinata si erano mossi il Quirinale, la presidenza del Consiglio e il ministero degli Esteri. Tra l'aprile e il giugno scorso il premier Silvio Berlusconi ha incontrato Lula almeno due volte per affrontare i principali temi della collaborazione bilaterale e porre le premesse per cospicui futuri affari soprattutto nel comparto difesa. C'è stato perfino chi avrebbe ventilato uno scarso interesse di Berlusconi per una soluzione del caso Battisti ritenuto "roba del passato". Ma il premier oltre a considerare "inaccettabile" un rifiuto alla richiesta di estradizione ribadiva ieri in una nota che «Battisti deve essere riconsegnato alla giustizia italiana» smentendo come «destituite di ogni fondamento» le indiscrezioni di un senatore brasiliano interpellato dal Riformista circa presunte garanzie fornite dal presidente Berlusconi al presidente Lula sul caso Battisti. In particolare mai in nessun incontro fra i due leader il presidente Berlusconi avrebbe mostrato sottovalutazione per la vicenda richiamando invece costantemente la linea perseguita dall'Italia perché Cesare Battisti venga riconsegnato alla giustizia italiana. L'ultimo atto ufficiale di una lunga serie in questo senso è stata la convocazione, il 21 dicembre scorso a Palazzo Chigi, dell'ambasciatore del Brasile a Roma, José Viegas Filho, da parte del sottosegretario Letta».

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Tags Correlati: AN | Angelino Alfano | Brasilia | Cesare Battisti | Corte Costituzionale | Corte di Cassazione | Fabrizio Cicchitto | Farnesina | Giustizia | Ignazio La Russa | Italia | Ministero degli affari Esteri | Pd | Presidenza della Repubblica | Roberto Calderoli | Silvio Berlusconi | Tarso Genro

 

Ma a spingere in trincea Berlusconi sarebbero soprattutto i rappresentanti della ex An come il ministro della Difesa Ignazio La Russa che si sono sempre posti a difesa delle vittime del terrorismo rosso come Alberto Torreggiani costretto da anni su una sedia a rotelle e figlio del gioielliere ucciso in un agguato di cui faceva parte secondo le sentenze lo stesso Battisti. La Russa si dice pronto a «non mettere più piede in Brasile» e dice di comprendere bene chi intenderà boicottare quel Paese come ritorsione per l'estradizione negata. Posizione che viene in parte condivisa anche da Fabrizio Cicchitto e dal ministro leghista Roberto Calderoli secondo il quale «chi nega l'estradizione si rende complice di un omicida». Il Pd si accoda al coro di appelli a Lula per accogliere l'estradizione ma tra i più attivi nel ricordare che «è stato fatto tutto il possibile per evitare la decisone» c'è da segnalare senza dubbio il ministro degli esteri Franco Frattini che in una nota ricorda come abbia «direttamente e personalmente sollevato in ogni possibile occasione di incontro con le autorità brasiliane il caso Battisti, rappresentando la forte aspettativa del governo italiano affinché quest'ultimo possa essere estradato in Italia». E il ministro della Giustizia Angelino Alfano ricorda l'opera del suo dicastero che ha mosso tutte le pedine giuste. Ma invano.

LA VICENDA

L'ultima parola al presidente
Il lunghissimo iter sull'estradizione di Cesare Battisti inizia quando il 18 marzo 2007 l'ex esponente dei Pac, sbarcato tre anni prima in Brasile, viene arrestato a Rio de Janeiro
L'estradizione in Italia sembra a portata di mano fino a quando nel gennaio del 2009 l'allora ministro della Giustizia Tarso Genro decide di concedere all'ex terrorista un controverso asilo politico
La palla passa al Supremo tribunal federal, la corte costituzionale brasiliana, che il 18 novembre 2009 ribalta la decisione di Genro e concede parere favorevole all'estradizione. L'ultima parola sulla vicenda, scrivono i giudici, spetta ancora al presidente Lula che per decidere ha atteso le ultime ore del suo mandato

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