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Questo articolo è stato pubblicato il 01 gennaio 2011 alle ore 16:08.

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In Brasile inizia l'era Rousseff (e l'Italia spera di riaprire la partita dell'estradizione di Battisti)In Brasile inizia l'era Rousseff (e l'Italia spera di riaprire la partita dell'estradizione di Battisti)

Dilma Rousseff è da oggi a tutti gli effetti il presidente del Brasile e a lei l'l'Italia ha già chiesto di riconsiderare l'ultima decisione del presidente uscente Lula, che venerdì 31 dicembre ha negato l'estradizione all'ex terrorista pluriomicida Cesare Battisti. Le speranze di un ripensamento di Brasilia sono quindi affidate - oltre che alle carte bollate - anche alla "delfina" del presidente uscente Lula da Da Silva, prima presidente donna dell'economia più prorompente dell'America Latina.

Il ministro Franco Frattini ha già espresso per iscritto, quindi, al neopresidente brasiliano l'auspicio che possa rivedere la decisione assunta dal suo predecessore. La missiva è stata consegnata a Luis Nogueira, attuale segretario generale del ministero degli Esteri brasiliano.

Nella lettera viene confermata la determinazione del governo italiano a perlustrare tutte le possibili vie legali per arrivare all'estradizione in Italia di Cesare Battisti. Alla cerimonia di insediamento di Rousseff ha partecipato anche l'ambasciatore italiano in Brasile, Gherardo La Francesca, che rientrerà domenica a Roma, dove è stato richiamato da Frattini per consultazioni.

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La cerimonia con cui la Rousseff ha inaugurato il suo mandato quadriennale era prevista per il pomeriggio italiano. Un giro in Rolls Royce scoperta per le strade della capitale, poi, raggiunto Lula nel Palazzo presidenziale, l'ex-guerrigliera ed esperta economista - che era il capo di gabinetto di Lula prima di decidere di scendere in campo per succedergli - ha pronunciato il suo primo discorso ufficiale.

Sul caso Battisti intanto da segnalare l'intervento della scrittrice francese Fred
Vargas: «Il caso di Cesare Battisti - sottolinea la Vargas, amica personale dell'ex militante di estrema sinistra - è stato reso particolarmente difficile dalla stravagante propaganda mediatica condotta per quasi sette anni dai media francesi, italiani e poi brasiliani». Un contesto in cui il rifiuto di Lula, prosegue, «fa incidentalmente onore al suo senso reale della giustizia, alla sua chiaroveggenza, e allo stesso tempo sostiene la tradizione umanitaria del Brasile». «Noi speriamo - conclude la giallista che da subito è stata protagonista di una campagna a difesa dell'ex terrorista italiano latitante - che la liberazione di Cesare Battisti (che in Italia è stato condannato all'ergastolo) avvenga a questo punto il più presto possibile».

In controtendenza al coro di critiche che arrivano da Roma sulla decisione di non estradare Battisti presa dal Brasile è pure la posizione di Paolo Cento, della presidenza nazionale di Sinistra ecologia e libertà, che parla di reazioni italiane «spropositate». «La decisione del Brasile - spiega - va invece rispettata anche perchè appare fondata sia sul piano giuridico che procedurale».

Critico invece nei confronti dell'operato dell'ormai ex presidente Lula, l'avvocato Francisco Rezek, ex giudice della corte internazionale di giustizia dell'Aja ed ex ministro degli Esteri brasiliano, secondo il quale Lula ha infranto il trattato di estradizione firmato tra Roma e Brasilia. Per Rezek, l'ex presidente brasiliano avrebbe dovuto tenere conto della decisione del Tribunale Supremo Federale di Brasilia che aveva concesso l'estradizione dell'ex terrorista dei Proletari armati per il comunismo (Pac) condannato in Italia all'ergastolo per quattro omicidi. Intervistato dalla stampa brasiliana, l'avvocato ha spiegato che il parere dell'Avvocatura dello Stato, su cui si è basato Lula per accordare l'asilo politico a Battisti, lo ha portato a ribaltare la decisione del più alto organo giudiziario del Paese. «Il presidente è andato contro la Corte Suprema, provocando una seria rottura nella nostra tradizione diplomatica», ha spiegato il legale, sottolineando che nelle 65 pagine del parere dell'Avvocatura, si metteva in evidenza che spetta solo al Tribunale Supremo Federale in compito di «esaminare la legalità e la validità della richiesta» di estradizione.

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