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Brasilia insiste: decisione sovrana ora il dossier alla neopresidente

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Questo articolo è stato pubblicato il 02 gennaio 2011 alle ore 14:55.


BUENOS AIRES. Dal nostro corrispondente
È finita come previsto. Il Brasile non ha concesso l'estradizione in Italia dell'ex terrorista rosso Cesare Battisti. L'ultima parola è stata quella del presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva: «No».
L'annuncio è stato dato venerdì dal ministro degli Esteri brasiliano Celso Amorin. Battisti, 56 anni, detenuto in Brasile dal 2007, è stato condannato in Italia all'ergastolo per 4 omicidi commessi quando negli anni '70 era leader dei proletari armati per il comunismo (pac). Lula ha seguito quindi la linea dell'Avvocatura generale dello Stato che il 30 dicembre si era espressa contro l'estradizione.
Battisti resterà in Brasile come immigrante, non come rifugiato o come esiliato politico. Non è tutto: al supremo tribunale federale (Stf) non spetta più prendere decisioni sul caso ma solo emettere il documento di scarcerazione.
L'ex terrorista diventa quindi un immigrato italiano in Brasile e potrà presentare una richiesta di visto presso il ministero del Lavoro. Poiché Lula ha detto "sì" alla sua permanenza nel paese, la concessione del visto è sostanzialmente automatica. A partire dalla concessione del visto, Battisti potrà richiedere la carta d'identità, il permesso di lavoro e il passaporto brasiliano.
«Spetterà ora al Stf emettere l'ordine di scarcerazione di Battisti, detenuto nel penitenziario della Papuda a Brasilia». Il paradosso è che Cezar Peluso, presidente del Supremo tribunale federale, è sempre stato favorevole all'estradizione di Battisti e quindi alle ragioni dell'Italia. E, ironia della sorte, spetterebbe a Peluso scarcerare immediatamente Battisti, chiamando al telefono il direttore del carcere. Ma ha fatto sapere che la Corte è in ferie e questa decisione, così importante, potrà essere presa solo nella seconda metà di febbraio.
È in questo lasso di tempo che si può incuneare l'ultima mossa italiana: la richiesta di congelamento della scarcerazione e un'eventuale revisione della decisione che poggia sul trattato di estradizione tra Brasilia e Roma. Impossibile prevedere quante chance abbia il governo italiano; va rilevato che il nuovo presidente brasiliano, Dilma Rousseff, insediata ieri, aveva espresso una posizione favorevole all'estradizione durante la campagna elettorale della scorsa estate.

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Tags Correlati: Brasilia | Celso Amorin | Cesare Battisti | Cezar Peluso | Dilma Rousseff | Finmeccanica | Giustizia | Inacio Lula | Roma | Supremo tribunale federale

 

Il dossier Battisti provoca frizioni diplomatiche anche sul versante brasiliano. Nella dichiarazione del ministro Amorim, emerge un appunto a Roma: il governo brasiliano considera «impertinente in particolare nel riferimento personale a Lula» le pressioni provenienti dall'Italia che definiva il «no» all'estradizione «inaccettabile» e sosteneva che il presidente brasiliano avrebbe dovuto spiegarlo a tutti gli italiani, parenti delle vittime compresi. Il ministro degli Esteri brasiliano aggiunge che si tratta di una «decisione sovrana sulla base del trattato» del 1989 tra Italia e Brasile che non vede alcuna ragione di «preoccuparsi di eventuali ripercussioni nelle relazioni con l'Italia». Proprio per questo motivo, dice, Lula non è tenuto a comunicare alle autorità italiane l'esito della sua scelta che sarà notificata con i normali canali diplomatici.
Non è tutto: Brasilia si dice «stupita» della reazione italiana. La stampa brasiliana e in particolare «O Globo», importante quotidiano nazionale, rileva che la decisione di Lula non rappresenta alcun affronto a un altro Paese «dato che nel caso in questione si creano situazioni particolari che possono generare rischi per la persona, nonostante il carattere democratico dei due stati».
Nelle ultime settimane la stampa brasiliana ha rilanciato la tesi di un governo italiano poco incline a rappresaglie economiche o diplomatiche. Ovvia la motivazione: prevalgono gli interessi economici. Una maxi commessa per una partnership militare avrebbe già fatto incassare più di 5miliardi di dollari a Finmeccanica e Fincantieri.
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