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Questo articolo è stato pubblicato il 03 gennaio 2011 alle ore 06:37.
Ci sarà ancora l'euro, nel 2011? Qualcuno se lo chiede, seriamente; e l'evento, per quanto poco probabile, ha conseguenze così intense (e negative) che vale la pena porsi la domanda. Gli investitori lo hanno fatto: «Noi pensiamo che le preoccupazioni su una possibile rottura di Eurolandia siano forse esagerate, ma l'Unione monetaria sarà messa ulteriormente alla prova», spiega il team sulle ricerche valutarie di Morgan Stanley, che quindi immagina un maggior premio al rischio per l'euro.
Eurolandia resterà quindi in tensione: del resto se il valore teorico dell'euro/dollaro è pari a 1,32 in Francia e Germania, e quello per Portogallo, Italia, Grecia e Spagna, è 1,10 (con un valore intermedio di 1,22), non è difficile capire perché. Occorreranno anni perché, attraverso il gioco dell'inflazione e della produttività - che in Italia potranno rivelarsi lontanissime l'una dall'altra - la situazione si riequilibri (ammesso che, con mercati del lavoro segmentati innanzitutto dalle barriere linguistiche, ci riesca). In ogni caso «il mercato - continuano gli analisti di Morgan Stanley - non aspetterà così a lungo».
Ecco che l'euro, sulla spinta di questi fattori di fondo e con l'aiuto delle difficoltà dei debiti pubblici e della leadership sempre un po' "indiretta" dell'Unione europea, potrebbe tornare a scendere. Forse persino sotto la soglia di equilibrio teorico di 1,22, in particolare se la Bce fosse davvero costretta - cosa che eviterà di fare con tutte le sue forze - ad acquistare titoli di stato dei paesi più deboli. Quota 1,18, il valore medio dell'euro/dollaro dal '99, è considerato da Morgan Stanley un punto di riferimento importante.
Nulla è però più incerto dell'andamento delle valute e le previsioni lo rivelano. Soprattutto in questa fase di dopo-crisi. «Dal 2003 al 2009, la media dell'euro/dollaro è stata di 1,30: qualunque sia stato il problema di fronte a Eurolandia, l'euro non è crollato», spiega Paul Robinson di Barclays, per il quale le difficoltà della moneta comune (verso il dollaro) saranno di breve durata: 1,28 è la sua previsione a tre mesi, e non oltre; 1,42 quella per fine anno. Prevarranno, secondo Robinson, le pressioni al ribasso del dollaro: i rendimenti riprenderanno presto a scendere, penalizzando la moneta Usa, che sarà indebolita - come sempre avviene - anche dal rialzo delle materie prime, ampiamente prevedibile. E non è mai accaduto - anche se l'andamento degli ultimi tempi è stato un po' meno univoco - che entrambe le monete siano calate insieme verso tutte le altre. Anche quando la liquidità è sgorgata copiosa sia dalla Fed che dalla Bce.