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Questo articolo è stato pubblicato il 03 gennaio 2011 alle ore 08:22.
L'ultima modifica è del 03 gennaio 2011 alle ore 06:46.
La prima metà del 2011 sarà decisiva per l'euro. Tra gennaio e la primavera sarà messa alla prova la capacità di tutti i paesi critici di finanziarsi sul mercato a costi sostenibili. Già nelle prossime quattro settimane bisognerà collocare titoli governativi della zona euro per 80-100 miliardi. Gli ultimi giorni del 2010 hanno visto tassi in aumento anche sui titoli italiani.
Per tutti nei prossimi mesi ci saranno difficoltà, turbolenze e delusioni. Ma alla fine dovrebbe prevalere la principale lezione del 2009-2010: i costi politici e finanziari di un fallimento della moneta unica sono troppo alti perché i governi - anche quello tedesco - non continuino a intervenire. Lo faranno tuttavia imponendo delle "condizioni" che rendano tollerabili i costi degli aiuti per i paesi finanziatori e che li garantiscano dal non ripetersi di rischi di insolvenza in futuro.
Per l'Italia, che finora è ben riuscita a tenersi al riparo dalla crisi più acuta, le implicazioni del dopo-crisi sono molto impegnative, vanno al cuore della vita pubblica e dovrebbero rappresentare la piattaforma di ogni riflessione politica.
Il cantiere europeo delle "condizioni" a carico dei paesi deboli è aperto e la struttura a cui si lavora può essere completata in pochi mesi. Grecia, Irlanda e Portogallo saranno isolati finanziariamente attraverso le risorse già previste dagli ultimi Consigli europei e da quelle che è in grado di muovere la Banca centrale europea. Entro il 2013 dovranno ridurre gli squilibri e le inefficienze rendendo credibile il finanziamento dei loro debiti. Spagna, Italia e Belgio dovranno rassicurare da sé i mercati, con impegni fiscali stringenti per la riduzione nel medio termine del debito pubblico. I meccanismi di risoluzione della crisi saranno resi permanenti, ma a essi si aggiungeranno sistemi di sorveglianza che terranno d'occhio in ogni paese oltre alla finanza pubblica anche l'andamento dei prezzi, il costo del lavoro, gli indici di produttività e gli squilibri con l'estero. Altri elementi di coordinamento politico riguarderanno il fisco, alcune riforme di struttura e il sistema finanziario.
Dentro questa cornice c'è il quadro attuale dell'Europa con i paesi attorno alla Germania e nel nord che hanno riformato i mercati, aperto i confini, investito in conoscenza e che crescono al 3-4%, e gli altri paesi che invece arrancano. Questi ultimi devono aumentare la produttività e possono farlo in due modi diversi: riforme oppure deflazione.