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La marcia in più dell'export

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Questo articolo è stato pubblicato il 04 gennaio 2011 alle ore 06:37.

MILANO
Le probabilità di farcela dell'Italia si giocano sui distretti e sulle reti d'impresa (vecchie e nuove, lunghe e corte) che permetteranno al nostro paese di raggiungere anche i mercati più lontani. E questo non per seguire qualche moda più o meno passeggera, ma perché le economie a maggior velocità sono quelle dei paesi emergenti.
Gli ultimi dati Istat hanno messo in evidenza come su molti mercati lontani l'export sia già tornato – in qualche caso superandolo – abbastanza vicino ai livelli antecedenti la crisi scoppiata nell'agosto del 2007 con i primi sconquassi Usa (di Fannie Mae e Freddie Mac) dovuti ai mutui "sub prime" e conclamata il 15 settembre 2008 con il crack di Lehman brothers, la più piccola delle banche d'affari statunitense.
Da Leinì, vicino a Torino, un imprenditore di seconda generazione del calibro di Davide Canavesio (39 anni e studi ad Harvard con un'esperienza alla Bain di Londra) spiega di aver messo insieme una cordata di private equity per rilevare l'azienda dal socio del padre: «In tal modo – racconta – abbiamo potuto internazionalizzarci in un'area specialistica come la "tempratura" dei metalli (irrobustimento), anche se come Saet aderiamo all'Ucimu. In pochi anni abbiamo così aperto un paio di aziende in Cina, fatto shopping in India, avviato un business in Thailandia e, l'anno scorso, acquistato un'azienda in Usa, approfittando del supereuro. Senza internazionalizzarci non saremmo riusciti a sopravvivere. Oggi tempriamo (per induzione) anche anelli per l'energia eolica di otto metri».
Vediamo i dati, riassunti anche nelle infografiche in pagina, sull'export verso i principali Paesi di destinazione. Il raffronto tra l'attuale valore delle esportazioni e il punto più alto raggiunto nel periodo pre-crisi indica che le vendite faticano proprio nei paesi più colpiti dalla crisi. Tra i Paesi extra-Ue, l'export verso Cina e Brasile ha già infatti ampiamente superato, specie con Pechino, il livello di esportazioni massimo raggiunto in precedenza. Ma anche l'export verso Turchia, Egitto e India ha quasi interamente recuperato i livelli di export precedenti la crisi: rispetto ai picchi del passato, le nostre esportazioni attuali verso tali Paesi sono inferiori appena di circa il 5 per cento. Le maggiori difficoltà a esportare rimangono invece nei paesi che sono stati più colpiti dall'esplosione della bolla, tra cui Stati Uniti, Russia e paesi arabi.

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Tags Correlati: Brasile | Cina | Congiuntura | Davide Canavesio | Fannie Mae | Fondazione Edison | Freddie Mac | Harvard | India | Istat | Italia | Lehman brothers | Russia

 

I nostri imprenditori si sono dimostrati abili a catturare la ripresa in quei Paesi dove questa si è manifestata con più forza, come dimostrano i dati sui cluster. Infatti i primi nove mesi del 2010 sono stati caratterizzati da un ritrovato slancio dell'export dei distretti industriali, con un'importante accelerazione nel secondo e nel terzo trimestre, trasversale a tutti i comparti. Non è, infatti, solo la meccanica a ritrovare vigore, ma anche i comparti che negli ultimi tempi avevano sofferto.
In particolare secondo l'indice della Fondazione Edison l'export dei principali 101 distretti nel periodo gennaio-settembre 2010 è cresciuto del 10,5% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. La meccanica torna a spingere le nostre esportazioni distrettuali, con un incremento del +14,9%, seguito dall'abbigliamento-moda, protagonista, come quello della meccanica, di un buon recupero, con una crescita del +10,8 per cento. L'export dei distretti dell'arredo-casa è, invece, cresciuto del +5,8%, quello dei distretti dell'alimentare-vini del +4,7% e quello hi-tech del +7,4 per cento. Ancora una volta, quindi, tutti i comparti dimostrano capacità di ripresa pur nella precarietà della congiuntura.
Tra i primi 20 cluster per crescita dell'export nei tre trimestri del 2010 vi sono, tra gli altri, 13 distretti del sistema automazione-meccanica-diversi e cinque cluster della moda. Al primo posto per crescita di export da gennaio a settembre rispetto allo stesso periodo del 2009, ci sono le macchine utensili (+58,6%). Gli altri distretti appartenenti all'automazione compresi nella classifica sono: macchine industriali di Treviso (+43,1%), Pavia (+32,3%), Brescia (+27,1%), Padova (+24%); gli articoli in gomma e plastica di Bergamo (+40,8%), la rubinetteria di Omegna (+36,5%), le macchine utensili di Rimini (+26,1%) e di Forlì-Cesena (+25,8%) e le macchine per l'agricoltura di Modena (+26,1%). Appartiene invece agli alimentari il cluster che occupa il secondo posto nella classifica per crescita dell'export nei primi tre trimestri dell'anno: si tratta di Parma, con formaggi e latte (+46%).
I cinque distretti della moda che hanno registrato i maggiori tassi di crescita sono stati i tre cluster distretti conciari di Santa Croce sull'Arno (+36,3%), Solofra (+27,7%) e Arzignano (+25,7%), l'area aretina della gioielleria (+32,1%, risultato però gonfiato dall'incremento della materia prima) e quello calzaturiero di Barletta (+30,3%). Il cluster dell'elettronica completa il quadro, con una crescita dell'export del 35,7 per cento.
Ancora più significativi i dati del terzo trimestre: l'export dei 101 distretti monitorati dalla Fondazione Edison è aumentato del +16,6%, mentre la sola meccanica strumentale è cresciuta del +23,7 per cento.
F.V.
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