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Questo articolo è stato pubblicato il 05 gennaio 2011 alle ore 06:36.
L'annuncio del nuovo presidente brasiliano, Dilma Rousseff, a nemmeno ventiquattr'ore dal suo insediamento a Capodanno, che uno dei primi viaggi all'estero sarà a Pechino e che intende sollevare con le autorità cinesi la questione del cambio ha dato subito il tono al 2011 della diplomazia economica globale.
Era stato il Brasile stesso a battezzare, alla fine dell'anno scorso, la "guerra delle valute". L'ultimo vertice del G-20, quello del novembre scorso a Seul, non aveva fatto alcun passo avanti significativo per placarla. Inutili i tentativi di convincere la Cina a rivalutare più rapidamente lo yuan, che, abbondamentemente sottovalutato, dà un vantaggio alle sue esportazioni ritenuto scorretto dai partner commerciali; bocciata la proposta Usa di mettere un tetto ai surplus eccessivi dei conti con l'estero, proposta che avrebbe avuto come bersaglio principale proprio Pechino; il G-20 ha partorito invece un più limitato mecccanismo di indicatori per segnalare gli squilibri globali. Ci stanno lavorando i "deputies" e verrà discusso per la prima volta dai ministri finanziari e dai governatori nella riunione di febbraio in Francia.
Forse non è lecito attendersi granché, dopo che il neonato G-20 si è rivelato più efficace nella risposta d'emergenza alla crisi nel 2009 che in un vero coordinamento successivo per affrontare più a fondo i problemi economici globali. Ma l'uscita della Rousseff mostra che forse i rapporti all'interno del gruppo, che riunisce i "grandi" tradizionali e le nuove potenze economiche, stanno cambiando: a novembre il Brasile era schiarato con chi accusava gli Stati Uniti di far svalutare il dollaro con la politica monetaria ultra-accomodante della Federal Reserve; oggi, come già gli Usa e l'Europa, comincia a vedere la necessità di un rafforzamento dello yuan. Il neo presidente ha dichiarato che agirà "con decisione" per evitare che il real continui a rivalutarsi in maniera eccessiva. Il suprplus commerciale brasiliano si è ridotto l'anno scorso del 20% a 20 miliardi di dollari e la Cina, divenuta ormai il primo partner negli scambi con il paese sudamericano, si avvantaggia del cambio favorevole. Il nuovo ministro dell'Industria di Brasilia, Fernando Pimentel, incaricato di vigilare sulla competitività delle imprese nazionali, che protestano a gran voce contro il real troppo forte, ha precisato che il cambio sarà in cima all'agenda dei colloqui di Pechino nell'aprile prossimo, cui parteciperanno anche gli altri Bric (Russia e India) e, per la prima volta, il Sudafrica.