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Questo articolo è stato pubblicato il 07 gennaio 2011 alle ore 06:38.
JUBA (SUDAN). Dal nostro inviato
È il primo segnale in cui ci si imbatte quando si sbarca all'aeroporto di Juba, capitale del Sudan del sud. Un manifesto sotto il sole rovente su cui sono appiccicati due grandi fogli, separati. Due simboli. A destra due mani che si stringono. A sinistra il palmo aperto di una mano con le dita distese. Accanto al primo la scritta unity, unità. Accanto al secondo la parola secession, secessione.
Due simboli che non potevo essere più semplici. Perché in questa terra remota, che dall'indipendenza, nel 1956, ha conosciuto mezzo secolo di guerra, intervallato da pochi anni di pace precaria, l'analfabetismo tocca tassi vertiginosi, l'85% della popolazione. Per le strade polverose di Juba, si avverte un clima di euforia, pur contenuta. Come se la gente non credesse ancora che si sta realizzando il sogno di un loro stato indipendente.
Mancano ormai solo due giorni al referendum sull'autoderminazione del sud del paese. A Juba basta poco per rendersi conto di come andranno le cose. I segnali con la mano aperta si vedono dappertutto. Sulle magliette dei bambini, sui cruscotti delle auto arrugginite, nell'affollato mercato di Konyo Konyo, dove la gente sorridente e sempre disponibile a conversare alla fine ripete sempre lo stesso ritornello: secession, freedom. Il simbolo delle due mani congiunte lo si vede davvero poco, e quando c'è spesso è sfregiato. Se tutto andrà come previsto, il paese più esteso dell'Africa si spaccherà in due. Alle lista dei paesi membri Nazioni unite si aggiungerà così lo stato numero 193: il Sudan del Sud. La secessione è data per scontata. Lo stesso presidente sudanese al Bashir, in visita a Juba, ha precisato che rispetterà la decisione. Dal divorzio, più o meno consensuale, nasceranno due nuove entità: il Sudan del Sud (già semi-autonomo), grande quasi tre volte l'Italia, coperto di vegetazione e ricco di petrolio, ma senza sbocchi al mare. E il Sudan del Nord, in larga parte desertico ma con un lunga costa e un grande porto. Il neonato paese, otto milioni di abitanti, sarà a maggioranza cristiana e animista e avrà per capitale Juba. Il secondo (30 milioni), di etnia araba e musulmano manterrà il suo centro nevralgico a Kahrtoum.