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Questo articolo è stato pubblicato il 09 gennaio 2011 alle ore 08:14.
ROMA
Il corridoio di braci, per il legittimo impedimento, comincia alla Consulta lunedì prossimo e termina giovedì 13. Le quotazioni più alte per l'esito della sentenza della Corte costituzionale sulla sorte giudiziaria - e politica - del premier Silvio Berlusconi riguardano, al momento, una pronuncia di mediazione: né la costituzionalità del legittimo impedimento, né la sua bocciatura.
Ma, si sta ipotizzando in queste ore, una decisione "interpretativa" della norma in ballo. Per sancire, in definitiva, che tocca al giudice nel processo stabilire se e quando il presidente del consiglio ha un impedimento che non gli consente, a giusto titolo, di venire in aula. E che non è dunque automatico il legittimo impedimento.
È chiaro che in questo modo il capo del governo sarebbe comunque sotto pressione: non appena la decisione della Consulta diventasse pubblica, il premier si ritroverebbe a fare i conti con i procedimenti giudiziari finora congelati e, soprattutto, a dover discutere attraverso i suoi legali, Niccolò Ghedini e Pietro Longo, la sua presenza davanti alle corti giudiziarie interessate. E va anche detto che si potrebbe configurare, con questo tipo di decisione, l'ipotesi di sollevare un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato.
In realtà tra i 15 giudici del palazzo della Consulta ci sono, al momento, sia i falchi che le colombe. Posizioni nette per condividere, in un caso, la tesi dei magistrati di Milano, e cioè che quella legge è incostituzionale perché costituisce un trattamento di disparità tra il capo del governo - e i suoi ministri - e, invece, un comune cittadino, legittimato a non partecipare a un'udienza di tribunale solo se c'è «assoluta impossobilità a comparire per caso fortuito o forza maggiore».
Nell'altro caso ci sono i togati che considerano invece la legge incriminata in linea con i principi della carta costituzionale: come ha fatto sapere ufficialmente Luigi Mazzella, uno dei 15 membri della Corte, ex ministro della Funzione pubblica con il precedente governo Berlusconi, che ha inviato ai colleghi una lettera per mettere nero su bianco il suo sì alla norma. Ogni voto, insomma, potrebbe essere decisivo per l'esito finale. Atteso, dunque, per giovedì prossimo, quando si riunirà la camera di consiglio. Per poi rendere noto il verdetto sulle disposizioni che, per ora, hanno messo in sospeso tre processi a carico del presidente del consiglio (Mills, Mediatrade e Mediaset). Il dispositivo della sentenza sarà comunicato subito per evitare qualunque insinuazione o equivoco. Proprio come accadde con le sentenze della Corte costituzionale sul lodo Schifani e Alfano, entrambi considerati illegittimi.