Questo articolo è stato pubblicato il 09 gennaio 2011 alle ore 08:11.
MILANO
«Facciamo fatica a intenderci. È sempre difficile conoscere l'orto del vicino. Certo, però, la Fiom tende a isolarsi. Mi farebbe piacere che i suoi dirigenti capissero di più i problemi della cassiera dell'ipermercato o della ragazza incinta che lavora da un notaio». Franco Martini è un uomo di buonsenso, apprezzato dentro alla Cgil per il suo pragmatismo. Fratello dell'ex presidente della Regione Toscana, Claudio Martini, oggi guida la Filcams, il terziario che esprime il 6% degli iscritti totali della Cgil, all'incirca la stessa quota della Fiom. «Vorrei che anche loro - continua Martini - adottassero il punto di vista che ogni giorno devo adottare io. Un sindacato moderno non può soltanto confrontarsi con i problemi della classe operaia. Deve anche trattare con la solitudine delle persone».
La Cgil non è un monolite. Nelle ultime settimane la questione Mirafiori ha attribuito ai metalmeccanici una centralità che ha fatto spiccare, con la dura lucentezza di una vecchia chiave a stella da fabbrica degli anni Settanta, la loro compattezza ideologica e le loro radici in un Novecento di cui perpetuano, nel 2010-2011, i riti e i miti. E ha oscurato le ragioni degli altri: i sindacalisti che non si possono permettere troppa ideologia e il cui riformismo nasce da un confronto continuo con i cambiamenti indotti dalla globalizzazione, multinazionali e Pmi nel mare aperto dei mercati, produttività delle fabbriche e diritti dei lavoratori, inclusi quelli con una minore cifra politica in senso classico.
La segretaria generale, Susanna Camusso, è impegnata nella complessa operazione di impedire processi disgregativi ponendo rimedio alle spinte frazionistiche di una Fiom che, nello scontro con Sergio Marchionne, ha preso a muoversi come un corpo autonomo. «La Fiom è parte fondamentale della Cgil - dice la bersaniana Valeria Fedeli, leader dei tessili -. Sui diritti costituzionali, come quello di sciopero o di rappresentanza, siamo con loro. Però, fra noi e loro, deve prendere il via un dibattito serio. Loro sono loro. Noi siamo tutto il resto della Cgil: dopo il 2009, dunque dopo la mancata firma del nostro sindacato all'accordo sul modello contrattuale, tutte le categorie della Cgil hanno rinnovato i contratti insieme alle altre sigle. La Fiom non l'ha fatto. Perché?».