Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 11 gennaio 2011 alle ore 08:14.
La domanda la fa lei, direttamente, a Giorgio Airaudo, segretario nazionale Fiom e responsabile auto: «Se malauguratamente, e spero non accada, dovessero vincere i no, quale sarebbe il piano B della Fiom? Si perderebbe l'auto a Torino e l'occupazione». Emma Marcegaglia lo incalza più volte, seduta accanto al sindacalista, nello studio di Porta a Porta, dedicato ieri sera al referendum di giovedì e venerdì alla Fiat di Mirafiori, dal quale dipenderà la decisione dell'ad, Sergio Marchionne, di investire o no a Torino.
Un accordo «importante, che non lede i diritti dei lavoratori», sottolinea la presidente di Confindustria, soffermandosi anche sui rapporti tra la Confederazione e il Lingotto. «Siamo sulla stessa sponda». E spiega perchè: «Dopo dieci anni in cui non si è parlato di relazioni sindacali Confindustria nel 2009 ha siglato un accordo su nuovi assetti contrattuali con Cisl e Uil, sotto l'occhio attento del governo. In questo accordo è prevista la possibilità di deroghe al contratto nazionale, che vanno rispettate con sanzioni, per imprese e lavoratori». È già stato avviato un percorso di riforma delle relazioni industriali, «senza la Cgil, che non ha voluto firmare».
Ciò dimostra, ha continuato la Marcegaglia, «che guardiamo avanti, come la Fiat. Ed è sbagliato dire, come ho sentito in questi giorni, che Confindustria è conservatrice e Fiat innovatrice». Il fatto che le due newco di Pomigliano e Mirafiori oggi siano fuori da Confindustria per la presidente è temporaneo: «Quando faremo il contratto dell'auto con certe caratteristiche, dovrebbero rientrare».
Niente polemiche, quindi. È l'investimento e l'occupazione che secondo la presidente degli industriali, il tema prioritario, come hanno sottolineato anche gli altri ospiti della trasmissione favorevoli all'intesa, Luigi Angeletti, leader della Uil, una delle confederazioni firmatarie, e il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi.
Airaudo è convinto che, se dovessero vincere i no, la Fiat non sposterà i suoi investimenti fuori dall'Italia: «L'effetto sarà di riaprire la trattativa». Ma non lo pensano nè la Marcegaglia, nè Sacconi. «Forse non abbandonerebbe del tutto il paese, ma Mirafiori sarebbe la seconda vittima designata dopo Termini Imerese nella razionalizzazione di un gruppo che ormai è una multinazionale».