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Finanza e Mercati In primo piano

Euro ai minimi da 4 mesi

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Questo articolo è stato pubblicato il 11 gennaio 2011 alle ore 06:37.

Chi si illudeva di essersi lasciato alle spalle le tensioni sul debito sovrano dell'Eurozona con l'arrivo del nuovo anno ha dovuto presto ricredersi. È stata infatti sufficiente una settimana di attività sui mercati per riportare indietro di qualche mese le lancette dell'orologio per euro, tassi di interesse dei titoli di stato periferici, e anche per molte azioni di società del settore bancario. Tutti finiti di nuovo nel mirino degli investitori come nelle settimane in cui si stava discutendo in modo animato del salvataggio dell'Irlanda.

L'euro, per esempio, ha toccato in mattina minimi da 4 mesi sul dollaro (a 1,2871) e sullo yen (106,81) e resta vicino ai minimi assoluti sul franco svizzero in area 1,24-1,25. Poco importa se in serata poi la valuta comune ha recuperato terreno attestandosi a 1,2950 dollari, la missione del mercato sembra essere di nuovo quella: colpire Eurolandia, le sue obbligazioni e anche i titoli del comparto bancario (ieri l'indice Stoxx di settore è scivolato dell'1,93%) perché sono i primi acquirenti dei bond periferici. Così Piazza Affari ha chiuso in calo del 2,36%, facendo peggio di Parigi (-1,64%), Francoforte (-1,31%), Londra (-0,47%) e New York (+0,17% Nasdaq e -0,14% S&P 500) e riproponendo così uno scenario già visto nel 2010.
Quando ci si riferisce ai titoli sovrani il ritorno della tensione è per certi versi comprensibile: questo periodo è statisticamente denso di emissioni da parte degli stati, che in genere cercano di approfittare dei primi giorni dell'anno per avvantaggiarsi sulla provvista. A gennaio, per esempio, secondo le stime di UniCredit Research, i paesi dell'Eurozona cercheranno di piazzare sul mercato fra 80 e 89 miliardi di euro, circa il 10% dell'ammontare atteso per l'intero 2011. L'eccesso di offerta di titoli sul mercato porta automaticamente a un rialzo dei rendimenti per attirare gli investitori, ma non basta a spiegare i movimenti delle ultime ore. In fondo anche il tesoro Usa si appresta ad emettere oggi e nei prossimi due giorni ben 66 miliardi di dollari di Treasury, ma di tensioni sui titoli di stato Usa così come sul dollaro non se ne vedono poi molte.

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Per spiegare la differenza occorre ancora una volta tornare alla questione dei debiti pubblici e della solidità dell'Eurozona. Nel fine settimana la stampa si è scatenata nell'anticipare il pressing di alcuni governi dell'Unione (Germania e Francia in primis, ma anche Olanda e Finlandia) sul Portogallo affinché si convinca a chiedere il sostegno internazionale per evitare guai maggiori sul fronte delle finanze. La girandola di smentite dei diretti interessati è servita a poco, perché il ricordo di Grecia e Irlanda è presente negli investitori e la sensazione di deja vu inevitabile. Lisbona sarà poi protagonista delle aste più attese (domani proverà a piazzare titoli a 4 e 9 anni per 0,75-1,25 miliardi di euro) di una settimana che vedrà attivi anche il Tesoro italiano (BoT oggi, BTp giovedì), Spagna e Grecia.

Stupisce che in giornate come queste i titoli di stato portoghesi, quelli greci e quelli irlandesi siano stati penalizzati in misura limitata. Ieri, per esempio, il differenziale di rendimento dei decennali di Lisbona rispetto al bund tedesco si è addirittura ridotto a 425 punti base (da 439 di venerdì) e così è successo per le emissioni di Dublino (625 da 627) e Atene (965 da 985). Tutto questo mentre lo spread dei BTp superava la soglia record dei 200 punti base e quello dei bonos di Madrid saliva a quota 271.
Ma l'apparente controsenso si spiega con l'operato della Banca centrale europea, che quasi quotidianamente lascia filtrare la notizia di acquisti di titoli di stato dei paesi più in difficoltà (ieri Portogallo, Irlanda e Grecia). In questo modo finisce per sostenerne artificiosamente i prezzi, anche se poi nella realtà si scopre che l'ondata di riacquisti si va progressivamente esaurendo (solo 113 milioni di euro la scorsa settimana, minimi da due mesi): a volte è sufficiente la minaccia per convincere gli speculatori a desistere. E a spostare il tiro altrove, cioè su titoli italiani, spagnoli e sull'euro.

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