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Questo articolo è stato pubblicato il 11 gennaio 2011 alle ore 06:37.
A Varsavia ieri è saltata la prevista asta dei bond perché il ministero delle Finanze ha detto che c'è abbastanza liquidità in cassa e quindi non serve andare sul mercato. Una situazione opposta rispetto alle turbolenze finanziarie che si vivono nelle Tesorerie dei paesi occidentali, in particolare in Portogallo, Irlanda e Grecia. «Il tutto mentre il pil polacco è cresciuto del 3,8% nel 2010 e crescerà del 4,4% nel 2011 e il deficit delle partite correnti è solo di -2,8% nel 2010 e -3,5% nel 2011», spiega Marcin Mirowiec, 36enne capo economista di Bank Pekao Sa, la prima banca del paese appartenente al gruppo Unicredit per dare il polso del miracolo sulla Vistola.
Non solo. Le vendite di nuove auto e autocarri in dicembre sono aumentate del 26,2% anno su anno per 35.955 unità. Nel 2010 sono state vendute complessivamente 333.599 autovetture pari a un incremento del 4,2% rispetto al 2009.
La Polonia (Credit default swaps a 158 rispetto ai 252 dell'Italia e 357 della Spagna) ha retto bene alla crisi finanziaria grazie alla svalutazione dello zloty, l'export in ripresa e i consumi interni che invece di ridursi sono aumentati. I polacchi non si sono spaventati, anzi hanno ridotto la quota di risparmio. Un tocco salutare di ottimismo per l'economia.
Il tutto in un quadro macroeconomico solido: debito pubblico 2010 al 55% del Pil, (che si riduce però al 44% se si esclude il costo della riforma pensionistica) e comunque sotto il limite di Maastricht e meno della media Ue che viaggia al 78% del Pil. Senza contare i 60 miliardi di euro in aiuti Ue per i fondi strutturali in arrivo dal 2009 per cinque anni. A soffrire dunque non è stato né il mondo bancario o finanziario polacco, tutto sommato abbastanza poco sofisticato e con un rapporto prestiti/depositi pari a uno (in Ungheria è 1 a 30), quanto l'economia reale che ha rallentato quando i mercati europei di sbocco hanno frenato. Ma ora la locomotiva dell'est ha ripreso a viaggiare, parte con motivazioni interne, (i consumi domestici), parte per competitività agguantata in corsa (svalutazione della moneta e del debito), flessibilità del mercato del lavoro. Senza bolle immobiliari né finanziarie il paese è ripartito.